Profughi, sceriffi e solidarietà a Bolzano



Serve qualcosa di diverso, a Bolzano e in Alto Adige, per affrontare l’«emergenza profughi». Non servono sceriffi - poco conta se travestiti da sindaci o da presidenti della Provincia, da leader dell’opposizione o da agitatori di folle un tanto al chilo - per risolvere un problema che non si può spostare di qua o di là, come fosse un pacco postale. Così facendo, si costruiscono infatti solo muri mentali che rischiano di diventare ben presto muri reali. E invece - come emerge nei tavoli che al commissariato del governo cercano di riportare un po’ d’ordine dove ormai regnano quasi solo le emozioni - servono regole chiare. Serve un nuovo approccio culturale. La sicurezza (o l’insicurezza), la solidarietà e la legge dei numeri non si possono mettere sullo stesso piano.
Questa terra ha giustamente l’ambizione di essere un laboratorio: allora ci si dedichi alla costruzione di soluzioni esportabili, copiabili, imitabili. Fare la voce grossa all’interno del territorio o sui tavoli del ministro rincuora per un paio di giorni una parte della popolazione e, sul breve, porta certamente anche qualche consenso. Ma qui non parliamo di elezioni. Parliamo di persone. Discutere di quote e far valere le proprie ragioni rispetto a chi non conosce nemmeno la regola dell’umanità ha tecnicamente - e forse anche politicamente - un senso. Ma la solidarietà non si misura in chili. Così come l’intolleranza non si misura in reati. È troppo comodo mettere sullo stesso barcone di dolore e di paura profughi, stranieri, delinquenti e chi più ne ha più ne aggiunga. Facile spostare il problema: in questura; in Parlamento; a Roma, da Laives a Bolzano; da Bolzano in qualche altro comune; dalla nostra terra a un’altra regione... Proviamo invece a chiedere ai parlamentari altoatesini di essere i primi a promuovere leggi nuove: che permettano di arrestare (e di non rilasciare subito) anche chi commette reati minori e che consentano però di salvare chi ha solo bisogno d’aiuto e non ha nessuna intenzione di trovarlo sul sentiero della delinquenza.
Una terra di confine sa cosa sia la convivenza. Sa come superare i conflitti. Sa anche come prevenire i problemi. Lo dimostri. Con uno sforzo di regole, di fantasia e di concreta solidarietà.













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