Addio a servizi e progetti Così Fortezza sta morendo

Viaggio nella comunità che fu esempio di felice convivenza tra gruppi linguistici Ora crescono i numeri di immigrati che vivono lì ma sono estranei alla vita sociale


di Roberto Bonafé


SEGUE DALLA PRIMA PAGINA. A Fortezza, per decenni, hanno lavorato fianco a fianco, ferrovieri, spedizionieri, finanzieri, doganieri di entrambi i gruppi etnici. Rapporti che non si limitavano al posto di lavoro ma che trovavano spazio anche nelle diverse associazioni che hanno animato la ricca vita sociale del paese. Per rendere un’idea, basta ricordare che lo sci club di Fortezza (che non disponeva di impianti sciistici) era il primo per numero di soci di tutta la provincia di Bolzano.

Un destino sui binari. La mattina, la littorina e i bus scaricavano centinaia di persone provenienti da Bressanone e paesi limitrofi che si aggiungevano ai residenti per mandare avanti quelle attività che garantivano benessere e sicurezza a centinaia di famiglie. Attività che sono sparite per scelte politiche.

Lo scalo ferroviario, il più importante d’Italia, negli anni ’70 contava circa 500 ferrovieri. A questi si dovevano aggiungere gli impiegati delle circa 20 case di spedizioni che si occupavano degli sdoganamenti, i funzionari di dogana e i militari della guardia di finanza. I lavori di manovalanza erano svolti da 3 cooperative che a loro volta avevano alle proprie dipendenze decine di lavoratori. Verso la metà degli anni ’70 iniziò il declino. Per una scelta, dettata da motivi politici, le Ferrovie dello Stato, d’accordo con l’Amministrazione delle dogane, decisero di disabilitare lo scalo di Fortezza per lo sdoganamento dei materiali ferrosi, dirottando i trasporti di quel tipo su Verona. Un primo colpo al quale in qualche modo le case di spedizioni riuscirono a far fronte intensificando altri tipi di traffico.

Nel frattempo però il trasporto ferroviario perdeva progressivamente terreno a favore di quello su gomma e molti dipendenti delle case di spedizioni si trasferirono alla Sadobre di Vipiteno. Il continuo aumento del traffico stradale a scapito di quello ferroviario nel corso degli anni successivi aveva ridotto all’osso gli sdoganamenti di merci a Fortezza. Reggeva ancora il traffico di animali vivi grazie alla rampa bestiame, ma il numero degli addetti si era già ridotto drasticamente. Cosa che inevitabilmente si è ripercossa sulle attività indotte.

Scompaiono locali e vetrine. Uno dopo l’altro hanno iniziato a chiudere i servizi di ristorazione ed i negozi di generi alimentari. Sparito anche il giornalaio e il buffet della stazione. Il bar che si è assunto il compito di vendere la stampa è ora chiuso per ferie per cui anche l’acquisto del giornale è diventato un problema. Il colpo di grazia però è arrivato con l’eliminazione delle frontiere comunitarie, azzerando praticamente le attività doganali e portando al trasferimento della dogana a Bressanone. Mancando posti di lavoro anche molti fortezzini di nascita si sono trasferiti altrove ed il paese si è impoverito anche di risorse umane con inevitabili conseguenze sulle numerose associazioni. La vita sociale si è ridotta drasticamente e viene tenuta in vita con abnegazione da pochi volontari.

L’Unione Sportiva (unica per entrambi i gruppi etnici a differenza che altrove) rappresenta ancora una delle poche associazioni sopravvissute e molto attive. Sopravvivono ancora il coro Amici della Montagna e l’Ana, che hanno però ridotto la propria attività. La sede dell’Ana, con un giorno di apertura settimanale, era diventato un punto di riferimento importante non solo per i fortezzini ma anche per coloro che a Fortezza venivano per lavoro. Ora, invece, viene aperta solo in occasioni speciali.

Nuovi residenti non radicati. Nel frattempo cambiava anche la composizione demografica del paese. Sempre più immigrati extracomunitari trasferivano la propria residenza nel paese. Una presenza non invadente (a parte qualche caso), ma completamente assente dalla vita sociale ed economica del paese. Gente di decine di etnie diverse che fanno corpo a sé e che nel paese ci abita ma lavora altrove.

Ufficialmente rappresentano il 25% della popolazione residente ma l’apparire continuo di facce nuove fa supporre che siano molti di più. Un fenomeno che ha assunto proporzioni difficilmente gestibili da parte dell’amministrazione comunale. In questo anno scolastico, le scuole elementari di lingua italiana contano 11 alunni extracomunitari (per le cinque classi) e neppure uno autoctono. Sembrano davvero lontani i tempi in cui la scuola elementare italiana contava addirittura due quinte classi. Non molto diverso il rapporto all’asilo con i problemi che ne conseguono, sia per motivi linguistici che per abitudini alimentari diverse.

Il rilancio aspetta idee. Ci sono state tante discussioni e incontri con politici locali per cercare di rilanciare la vita economica del paese. Molte le proposte, tra le quali quella di creare un museo delle ferrovie, sfruttando il fatto che a Fortezza abitano i cosiddetti “musi neri”, i macchinisti delle locomotive a vapore che viaggiavano sulla linea della Pusteria. Progetto abortito per vari motivi, non ultimo il disinteresse dei politici e dell’amministrazione ferroviaria.

La dismissione da parte dei militari della fortezza asburgica aveva acceso un barlume di speranza. La vastità e la particolarità della struttura avrebbe potuto fornire l’occasione di aprire attività economiche legate in particolare al turismo. L’entusiasmo iniziale, con la costituzione dell’associazione Oppidum, che curava le visite al forte, si è pian piano smorzato di fronte al disinteresse della Provincia e alla impossibilita’ economica del comune di far fronte ad un progetto in grado di valorizzare la struttura.

Il tanto decantato progetto del Tunnel di base del Brennero, altra struttura che avrebbe dovuto risollevare le sorti economiche di Fortezza, si è rivelata una chimera. La ricaduta economica per Fortezza è pari a zero (a parte un albergo frequentato da alcuni operai). Le opere di compensazione per i disagi e gli sconvolgimenti ambientali possono definirsi ridicole e finora si sono tradotte in un parcheggio per pendolari (quasi sempre completamente vuoto) e barriere antirumore previste a Mezzaselva (non interessata dai lavori del tunnel). Altra opera che viene spacciata per compensazione è la messa in sicurezza della montagna a ridosso dell’itinerario della nuova linea ferroviaria. Un lavoro che deve comunque essere obbligatoriamente fatto per garantire la sicurezza della linea.

Sparito anche il campo da calcio. La costruzione di una centrale di teleriscaldamento è stata scartata, pare per disinteresse della popolazione e per problemi economici del comune a gestire la struttura. Nel frattempo è scomparso il campo sportivo (domenica scorsa si ’ svolta l’ultima partita) per far posto all’attraversamento dell’Isarco del tunnel. Il nuovo campo sportivo, previsto a sud della fortezza asburgica, è ancora in fase preliminare. Non potrà essere costruito prima che il terreno (utilizzato in passato come discarica) venga bonificato. I tempi di costruzione sono un rebus e nel frattempo la squadra è costretta a farsi ospitare a Rio di Pusteria.

Il forte da valorizzare. Lo spostamento dell’Infopoint del Bbt nel forte asburgico e la cessione della gestione dello stesso al Bbt finora ha prodotto solo uffici. Finora al forte si sono tenute manifestazioni che, a mio parere, altre località non gradivano e che la provincia ha ritenuto comodo piazzare a Fortezza. Mostre di arte moderna, gradite a pochi esperti, qualche mostra storica poco reclamizzata e manifestazioni estemporanee come una gara di downhill bike organizzato dalla Red Bull.

Quest’anno, il ristorante costruito all’interno della struttura, è stato dato in gestione per l’estate e questo rappresenta una novità. Ma non c’è da illudersi che un solo ristorante possa essere in grado di attirare tanta gente da incidere sull’economia del paese. Accanto al ristorante dovrebbero essere create altre strutture e negozi che contribuirebbero a rendere attraente la struttura per i visitatori. Il posto c’è, manca la volontà politica e forse c’è anche la contrarietà dei commercianti dei paesi limitrofi che intravedono un potenziale concorrente. Una cosa è certa: come è organizzata adesso la gestione del forte non inciderà minimamente per la rinascita del paese, mentre, anche per un non esperto, è evidente la potenzialità della struttura.

I servizi per la cittadinanza sono ridotti all’osso e per molti mesi si è temuto di perdere anche la presenza per alcuni giorni alla settimana del medico. Anche l’ufficio postale, rimasto chiuso per alcuni anni, ora ha riaperto per qualche giorno alla settimana grazie all’insistenza degli amministratori comunali. In compenso, trattandosi di un comune deficitario, le tasse comunali devono per legge essere portate al massimo. In pratica si pagano molto cari servizi di cui non si dispone.

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