Arrestati in Thailandia: la verità dei protagonisti

Ian Gerstgrasser racconterà la vicenda questa sera al circolo Est-ovest «Abbiamo sbagliato, chiediamo scusa. Ma la storia è stata strumentalizzata»


di Simone Facchini


MERANO. Ian Gerstgrasser espone la sua verità. Senza cercare troppi alibi, ma con la volontà di scremarla da strumentalizzazioni. Ricostruisce il susseguirsi dei fatti accaduti quella notte di gennaio a Krabi in Thailandia, vissuti assieme all'amico Tobias Gamper, sfociati in una detenzione in carcere e nell’espulsione dal paese. Mentre il filmato della coppia che strappava le bandiere thailandesi e quello delle loro pubbliche scuse finivano nel tritacarne dei social network.

È la storia di due giovani di Naturno divenuta caso internazionale, è la storia che Ian racconterà in prima persona stasera (alle 20) al club Est-ovest in vicolo Passiria. Rievocherà anche quell'affermazione, “Da noi la bandiera non è così importante”, che ha provocato la loro severissima condanna mediatica. Ma intanto, in una sorta di espiazione, proprio ai social divenuti loro gogna il ventenne ha affidato l'anteprima della sua versione dei fatti con un lungo post sul suo profilo Facebook. Gerstgrasser spiega di essere stato accompagnato assieme all’amico davanti a una discoteca in un quartiere estraneo ai circuiti turistici. Vi erano giunti dopo un giro tra i pub e un'abbondante assunzione di alcolici. All'ingresso, sostiene, hanno subito una prima discriminazione, costretti a pagare 100 bath (meno di 3 euro) anziché i 20 previsti per l'accesso. Poi la serata stava filando liscia, fino a quando per un equivoco Tobias è stato affrontato da un uomo. Nella speranza di risolvere la faccenda pacificamente, si sono spostati all'esterno del locale ma mentre l'uomo vi è subito rientrato, agli altoatesini è stato negato il permesso. Commettendo una grossa ingenuità, ammette, hanno pensato di rivolgersi alla polizia. In questo frangente Ian è anche caduto a terra battendo violentemente la spalla lussata in autunno. I due, afferma ancora il giovane, sono stati condotti in caserma e trattati con superficialità, poi riportati nelle vicinanze dell'albergo. Qui il fattaccio. «Delusione, rabbia, dolore. Amplificati dall'alcol. In questo stato d'animo ci siamo trovati davanti le bandiere, senza sapere cosa rappresentassero. E abbiamo sfogato la nostra frustrazione». Un paio di giorni dopo, l'arrivo della polizia, l'arresto, le scuse, l'espulsione, il ritorno a casa. «Ci siamo subito vergognati di quanto commesso. E ci scusiamo per le successive dichiarazioni sulla bandiera. Sono però state strumentalizzate: non voleva essere un messaggio offensivo, né per l'Italia né per la Thailandia. Eravamo nervosi, sotto shock, terrorizzati di essere privati della libertà, in difficoltà nel farci comprendere. A tutti gli “eroi della tastiera” che si sono scagliati con inaudito livore contro di noi, auguriamo di non trovarsi mai di vivere una situazione del genere».

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