Il Pd chiude per debiti, dipendenti a casa

La proposta all’assemblea: rinunciare a sede e collaboratori. Gnecchi infuriata: ero disponibile a versare altri 30 mila euro



BOLZANO. Struttura del Pd, ultimo atto in arrivo. L’assemblea provinciale si riunirà il 3 ottobre. La segretaria Liliana Di Fede porterà la nuova proposta sulla situazione finanziaria in rosso del partito: lasciare la sede di piazza Domenicani, su cui pende lo sfratto della Fondazione Mascagni, e rinunciare ai due collaboratori, portando a zero ore la cassa integrazione. Il Pd di fatto smobiliterà come struttura. Potrebbe restare aperto il circolo di via Resia, pure di proprietà della fondazione, ma solo come base di appoggio per le riunioni. Per trasformare quei locali in sede del partito, con dipendenti in servizio, servirebbero lavori di adeguamento che né la fondazione proprietaria né il Pd può affrontare. Proprio l’assenza di sede giustificherà la richiesta di cassa integrazione a zero ore. Attualmente l’impiegata e l’addetto stampa sono in cassa integrazione al 60% ed è stata depositata da poco al ministero la richiesta di ampliare al 70%. Ora arriva l’intenzione di smobilitare la struttura: starà alla assemblea votare a favore o meno.

Come emerso nei mesi scorsi, il Pd ha accumulato circa 10 mila euro di debito nei confronti della fondazione Mascagni: non è previsto un affitto per piazza Domenicani e via Resia, ma il partito era tenuto a pagare tutte le spese. Di fronte alla morosità ormai cristallizzata, la fondazione ha deciso di chiedere la restituzione dei locali. Oltre ai debiti per la sede, il Pd è gravato da un mutuo contratto per finanziare le campagne elettorali.

Liliana Di Fede parla di scelta dolorosa ma inevitabile: «Con la cancellazione del finanziamento pubblico i partiti sono tenui a rivedere la propria organizzazione. Dobbiamo farci bastare le risorse disponibili d’ora in poi, cioè poche. La mia proposta alla assemblea sarà di tenere almeno via Resia per le riunioni, perché non è pensabile che il partito resti privo di un punto di riferimento logistico». La decisione di rinunciare alla tradizionale sede di piazza Domenicani, rinunciando ai due dipendenti fa infuriare la deputata Luisa Gnecchi, che accusa: «Così vogliono fare andare le cose, ma non è necessario». Nelle scorse settimane Luisa Gnecchi si era dichiarata disponibile ad effettuare un versamento straordinario di 10 mila euro all’anno fino al 2018. «La mia proposta è caduta nel vuoto», protesta la deputata, «La segreteria non sta nemmeno tentando di chiedere un contributo straordinario agli eletti, come si sono disinteressati di fronte alla morosità dei troppi che non versano o versano meno del dovuto. Io non ho diritto di voto in assemblea. Chi voterà per la chiusura della sede, si prenderà anche la responsabilità di due licenziamenti». Sulle morosità è aperto il ricorso al Pd nazionale presentato dal tesoriere Salvatore Cavallo. Una drastica riduzione di personale (senza licenziamenti) ha interessato anche la Svp, che ha messo in vendita la sede di via Brennero. (fr.g.)

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