La Svp: "Nomi, no alla proposta Fittoperché legalizza la lista Tolomei"

L’accordo non si trova. Il ministro Fitto ha detto che si aspetta dalla Provincia il via libera all’Intesa proposta dal governo per risolvere la querelle sui cartelli, ma la Volkspartei è compatta nel ribadire il suo no a questa ipotesi: «Non troverete un solo dirigente del partito disposto ad accettare quel testo», sostiene il deputato della Svp Karl Zeller (nella foto). La Svp sostiene che si legalizzerebbe la lista Tolomei


Mirco Marchiodi


BOLZANO. L’accordo non si trova. Il ministro Fitto ha detto che si aspetta dalla Provincia il via libera all’Intesa proposta dal governo per risolvere la querelle sui cartelli, ma la Volkspartei è compatta nel ribadire il suo no a questa ipotesi: «Non troverete un solo dirigente del partito disposto ad accettare quel testo», sostiene il deputato della Svp Karl Zeller.
In effetti in questi giorni le prese di posizione sono state univoche. «Non possiamo legalizzare i nomi di Tolomei, firmare l’accordo proposto da Fitto sarebbe un suicidio politico», le parole del presidente Luis Durnwalder. «La soluzione sulla toponomastica va trovata in casa nostra, non accettiamo diktat da Roma», ha ribadito l’Obmann Richard Theiner.
Eppure nel documento che il ministro Fitto ha voluto rendere pubblico ci sono alcuni passaggi che fanno pensare ad un’apertura. Alla Provincia vengono dati due anni di tempo per sostituire i cartelli monolingue e viene anche specificato che i nomi storici non traducibili in italiano possono restare nella sola lingua tedesca.
Così Siegfried Brugger: «È inutile fare gli ipocriti. La vera questione è cosa si intende per nomi storici. Io sono favorevole a trovare una soluzione pragmatica e probabilmente non avrei usato i toni di Durnwalder, ma nel merito il presidente della Provincia ha ragione: non si può certo pensare che la Provincia accetti di istituzionalizzare i toponimi di Tolomei così come non si può pensare di intervenire anche sui terreni privati, perché a quel punto potremmo arrivare al paradosso che un albergatore venga costretto a chiamare il suo esercizio in una forma imposta dalla Stato e non scelta da lui stesso».
Zeller è ancora più secco: «In questi giorni Durnwalder e il partito hanno mandato segnali distensivi. Noi siamo per il bilinguismo per quanto riguarda Comuni, frazioni e per i toponimi più importanti, ma Fitto chiede di accettare tutti i nomi inventati da Tolomei, anche quelli che la popolazione italiana non ha mai usato. È evidente che non possiamo dire sì a un falso storico. Non è certo auspicabile arrivare al muro contro muro, ma se il governo non cede e vuole lo scontro allora anche noi abbiamo qualche asso nella manica. L’80% dei cartelli è su suolo privato: non possiamo obbligare nessun contadino a fissare sul proprio terreno un cartello che lo stesso non vuole. E immagino che i cartelli con le invenzioni di Tolomei non sarebbero ben accetti. Senza contare che si trovano in periferia, in luoghi impossibili da controllare: così come qualcuno ha reagito scrivendo le dizioni italiane accanto ai cartelli solo in tedesco dell’Avs, si può pensare che i cartelli con le invenzioni di tolomei non resterebbero in piedi a lungo...».
Intanto torna a farsi sentire anche l’associazione degli albergatori: «Il direttivo dell’Hgv - afferma il presidente Walter Meister - chiede di tornare su un terreno più pragmatico perché una discussione portata avanti sul piano delle emozioni non porta da nessuna parte. In una terra bilingue anche i cartelli dovrebbero essere in due lingue. Siamo favorevoli alla proposta portata avanti dall’assessore Berger e dal presidente Durnwalder: i nomi di Comuni e frazioni devono essere tutti bilingui, così come le definizioni informative come “lago” o “malga”. I nomi storici è invece giusto che restino nella lingua tedesca. Le continue discussioni sulla toponomastica non servono a niente se non a creare insicurezza tra gli abitanti di questa terra e i turisti: chiediamo quindi alla politica di trovare al più presto una soluzione per chiudere una volta per tutte la questione».

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