Natale a tavola, tra lusso e low cost

Panettone o pandoro, carne o pesce, gourmet o basic: voi cosa avete scelto?


di Angelo Carrillo


MENU' DA PALATI FINI, SPENDENDO 15 EURO A TESTA: ECCO COME

I consigli di tre chef altoatesini per chi vuole cucinare cose buone e creative senza aprire un mutuo. I piatti a base di riso sono gustosissimi ed economici. E poi baccalà, polenta e tante verdure

Tre menù natalizi da proporre in casa a 60-70 euro per 4 persone (senza vini). Quindici euro a testa. Una sfida che hanno raccolto tre chef altoatesini tra i più quotati e diversi. Tre temi, un solo obiettivo. Soddisfare anche i palati più esigenti senza alleggerire però troppo le tasche. Per la sfida abbiamo scelto tre diverse tendenze dedicando una cena alla tradizione, una alla creatività e una alla passione sempre più diffusa per la cucina esotica.

 

 

Da sinistra: Felice Lo Basso, Burkhard Bacher e Josef Schrott 

Per la prima siamo andati ad attingere al menù di una delle case più care al popolo dei buongustai bolzanini da oltre un secolo. Il ristorante del Colle. Il Kohlern, che dalla cima dell’omonima funivia, la più antica d’Europa, sorveglia la città con una suggestiva veranda. Punto di riferimento per la buona cucina borghese alleggerita e impreziosita ma sempre orgogliosa della propria identità il giovane patron Josef Schrott ci consiglia per cominciare i rotolini di carne di manzo affumicata con formaggio fresco di latteria serviti su un letto di rucola e perle di vinaigrette ai lamponi. Un antipasto semplice ma di sicuro effetto. Due i primi da preparare senza troppo sforzo e peso per il portafogli. Il classico, ma sempre golosissimo, risotto ai funghi porcini che qui è un vero e proprio must. Poi i canederli di polenta nera con ramolaccio nero grattugiato. Due primi infallibili anche per gli ospiti più esigenti.

Come secondo ci facciamo consigliare il principe dei piatti della festa. Il bollito misto, Tafelspitz. Un piatto bilingue che può essere acconciato sia in latino che in tedesco. Carni grasse e saporite lasciate cuocere a lungo nel proprio brodo. Servite con salse piccanti come il cren e la senape nella tradizione austroungarica o accompagnato da dolci mostarde che mordono la lingua in quelle della pianura padana. Oppure impreziosito dalle salsette alle erbe della tradizione piemontese. Salsa verde, salsa rossa e chi più ha più ne metta.

Il menù creativo ce lo ha preparato l’enfant prodige della Val Gardena. Lo chef Felice lo Basso, pugliese di nascita e di indole che a Selva di Val Gardena da dieci anni conduce le cucine dell’Alpenroyal. Una stella Michelin e molta fantasia.

Il suo menù “ low cost” parte con un interessantissimo filetto di baccala cotto in olio a 70 gradi profumato di vaniglia e servito con cime di rapa lessate e chips di polenta. L’amaro delle cime di rapa contrasta con la dolcezza del filetto di baccalà e le nuances della vaniglia mentre le chips di polenta spezzano la monotonia della masticazione con il piacere della croccantezza.

Per primo lo chef dell’Alpenroyal ci propone invece un classico brodo di cappone in cui cuocere dei tortelli ripieni di ricotta affumicata. Anche in questo caso lo chef gioca sul contrasto dei sapori ma anche sul matrimonio delle culture grazie alla combinazione della dolcezza del brodo di cappone con le note decise della ricotta affumicata che possono ricordare i sapori alpini. Sicuramente un buon suggerimento. Per secondo si va su un filetto di vitello accompagnato da zucca e castagne e una copertura di formaggio Golden Gel, quindi un erborinato affinato con le vinacce del gewürztraminer, fatto fondere. Si chiude con un tortino di grano saraceno e gelato alla mela e cannella.

Per il menù esotico la nostra guida è una delle massime autorità italiane e non solo, Bukhard Bacher, che nella natia Vipiteno ha realizzato un ristorante unico in Italia che sposa la ricca e profumatissima cucina tailandese con la tradizione italiana. Il suo menù prevede l’utilizzo di ingredienti semplici e spezie profumate. Si parte con della soffice carne di granchio marinata in un fondo di spezie e poi velocemente scottata per essere quindi avvolta in una retina di uovo preparata con in una padella antiaderente.

A contorno riso arrostito preparato saltando in padella del riso lessato e molte verdure finemente tagliate a filo di coltello e quindi saltate con salsa di soja, olio di sesamo e un leggero fumetto di pesce. Speciale. Il secondo piatto è un petto di anatra laccata con un’emulsione di miele e soia servita con una crespella fatta con acqua calda e farina e profumata con il cipollotto fresco. Si chiude con un dessert di frutta che utilizza una dei frutti esotici più prelibati, il mango servito con una cremina di riso profumato agli aromi natalizi, chiodi di garofano e cannella, e ingolosito da un gelato alla mandorla. Piatti allegri e colorati per dare anche a questo Natale un tocco di gioia e serenità anche se low cost.

 

PANDORO O PANETTONE FA LO STESSO, BASTA CHE SIANO ARTIGIANALI
Costano intorno ai 20 euro al chilo ma non c’è paragone con quelli industriali. Prodotti freschi e buoni. Il «Re» resta Zanolini

Se si giocasse un campionato questo sarebbe il derby: panettone contro pandoro schiera opposte e spesso inconciliabili tifoserie. Chi predilige uno raramente apprezza anche l’altro. Eppure i due dolci principe della festa invernali, il pandoro e il panettone, muovono ogni anno miliardi di interessi. E hanno colonizzato anche l’Alto Adige.

La maggior parte dei panettieri, per non dire delle pasticcerie ormai si affrontano a suon di dolci lievitati. Con un’infinità di varianti che dal classico panettone uvetta e canditi schiera ormai golosità a alla pera e cioccolato (Zanolini). Pinoli, Solo uvetta. Biologico, integrale, il Milano, Marron Glacé. E chi più ne ha più ne metta. Partiamo allora dal cuore di Bolzano.

Via Dalmazia dove la “premiata” pasticceria Zanolini ha fatto del morbido e profumatissimo panettone una gran specialità per il Natale altoatesino. Svariate le versioni che presenta. Da quella al cioccolato a quella classica. I gusti, si sa si sono raffinati e il tradizionale panettone Milano non basta più. E allora largo alla fantasia.
Al costo di 20 euro al chilo, circa 10 euro a panettone, se ne portano via di ogni tipo: con i canditi o solo con l’uvetta. Con i Marron glacé. Oltre i panettoni, la pasticceria produce anche i Pandoro. Ma che differenza c’è tra questi due dolci. In primo luogo geografica.

 

Foto Corbis, riproduzione vietata

Il pandoro nasce a Verona. Delicato, soffice, "cresciuto" la sua storia è ricca di aneddoti e leggende. L'attuale versione del pandoro risale all'ottocento come evoluzione del "nadalin", il duecentesco dolce della città di Verona. Ai tempi della Repubblica sembra che fra l'offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d'oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato "pan de oro". Il vero oro naturalmente si nasconde all’interno. Ingredienti di prima qualità. Uova e soprattutto tanto, tanto burro. Altrimenti non vale.

Un piccolo segreto. Prima di servirlo scaldatelo leggermente. Il burro tornerà a sciogliersi e i profumo a dilagare. L'origine del panettone invece è lombarda, anzi milanese. Sembra che esistesse già nel '200, come un primo pane arricchito di lievito, miele, uva secca e zucca.

Ci sono varie leggende legate all'alchimia del panettone che sposano romantici e avventurosi innamoramenti a tragicomici errori di fornai da cui poi scaturiva il dolce quasi “miracoloso. Di certo nel XV secolo, come ordinato dagli antichi statuti delle corporazioni, ai fornai che nelle botteghe di Milano impastavano il pane dei poveri (pane di miglio, detto pan de mej) era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (pane bianco, detto micca). Con un'unica eccezione: il giorno di Natale, quando aristocratici e plebei potevano consumare lo stesso pane, regalato dai fornai ai loro clienti. Era il pan di scior o pan de ton, ovvero il pane di lusso, di puro frumento, farcito con burro, miele e zibibbo. E così è rimasto.

Come ci spiegano alla pasticceria Peter Paul di San Paolo il segreto del panettone è la lunga lievitazione .L’uso della pasta acida e di uova freschissime. Inoltre di uvetta grande che aiuta a mantenere l’umidità dell’impasto e la scorza di arancia candita che rappresenta la gemma del panettone. Di solito si usa anche il cedro candito e sminuzzato. Ai bambini di solito non piace e i produttori hanno messo sul mercato panettoni solo con uva passa. Ma anche Mela. E’ il caso della pasticceria Moser di Brunico che produce un panettone con la mela molto apprezzato e che si trova in negozi specializzati come PurSuedtirol a Merano.

Ma non manca nemmeno il panettone biologico. Lo fa Richard Schwienbacher da parecchi anni nel suo panificio Ultnerbrot . Oltre a ingredienti provenienti rigorosamente da agricoltura biologica il grande panettiere della Val D’Ultimo usa al posto della frutta candita solo frutta secca per evitare coloranti e conservanti. I prezzi vanno anche in questo caso dai 16 euro al kilogrammo (un panettone pesa normalmente dai 300 grammi ai 500) fino ai 20 euro per quelli più elaborati. Il classico panettone con i canditi, la crosta brunita dal formo, impasto morbido ma umido e la ricca consistenza dei canditi rimane in grande classico. Da servire con un vino adeguato.

La ricchezza aromatica consiglia un buon passito o un a vendemmia tardiva nobile. Magari di Gewürztramnier. Un Moscato Rosa passito nel caso si affronti un panettone alla cioccolata. Naturalmente va bene anche un moscato d’Asti ghiacciato. Anche se questo allegrissimo vino si adatta più al pandoro. Poi ognuno gioca per sé, a proprio piacimento.

BOLLICINE PER LE FESTE, PER BERE BENE BASTANO 10 euro
Le cantine locali offrono ottime bottiglie a prezzi accettabili. Tra i vini per Natale consigliati Moscato, Pinot e Rosè

Natale senza brindisi? Non sia mai. Gli amanti del cin cin benaugurale non conoscono crisi, anche se le tasche sono sempre più vuote. Ecco allora una guida ragionata sul bere bene e spendere, se non poco, il giusto. L’Alto Adige che ormai vanta una cultura vitivinicola che fa invidia a tante altre regioni italiane non lesina in scelte. A partire, naturalmente dalle bollicine. Sono circa 230mila le bottiglie prodotte ogni anni dagli spumantisti altoatesini. Un nonnulla rispetto ad altre zone. Ma di una bontà davvero indiscussa.

Il maggior produttore altoatesino è la cantina di Arunda ai 1200 metri del paese di Meltina. La più alta d’Europa vanta Josef “Sepp” Reiterer, il maestro della bollicina altoatesina. La sua casa offre una gamma ampia di bottiglie con un prezzo che va dai 16 euro per il Brut ai 18 per lo splendido Rosée a ni circa 20 euro per la Couvée Marianna dedicata alla moglie. Certamente più di un Prosecco, ma al contrario del vino prodotto nella ormai smisurata doc veneto friulana una garanzia di bontà.

 

 

Un buon prosecco di qualità, infatti consta ormai almeno 10 euro, come un buon spumante base, e a quel prezzo conviene probabilmente provare uno dei prodotti di Kettmeier, la storica cantina di Caldaro entrata nell’orbita del colosso Santa Margherita ma che offre bollicine di tutto rispetto o quantomeno rispettose del consumatore con una forchetta di prezzo che va dai 10 euro per il Brut ai circa 18 del buon Rosé.

In un arco di prezzo accettabile collochiamo anche i sempre notevoli spumanti della cantina Haderburg con prezzi che oscillano dai 18 ai 30 euro. Un brindisi garantito che non tradisce mai. Bottiglie che reggono anche qualche ulteriore periodo di permanenza in cantina. Ma soprattutto identità e qualità. Poi in cerca di spumanti dall’anima e dalle caratteristiche speciali vogliamo qui citare lo spumante Stachlburg di Parcines. Bollicine biologiche garantite a meno di 20 euro. Per un vino che è rimasto 18 mesi sui lieviti un prezzo buono. Alternativa agli spumanti e ai prosecchi offre naturalmente la Francia e qui vale la pena ricordare che all’inizio dei portici si viene accolti da una delle prime champagnerie italiane.

Presso il negozio Thaler, un intero piano, è ormai dedicato ai vini spumantizzati di qualità. Il bello va detto, sono i prezzi, oltre l’ampia gamma della scelta, e Champagne si può portare via anche a 30 euro. Sempre a proposito di bollicine ricordiamo che uno spumante si adatta quasi sempre a un tutto pasto. Anzi spesso lo esalta, tranne quando si vira al dolce. Per un buon vino da dessert, infatti l’acidità dello spumante mal si addice.

Meglio un passito o una vendemmia tardiva come il rosatum di Colterenzio da uve Moscato Rosa, o il sempre ottimo Terminum di Termeno ottenuto appassendo gli acini del Gewürztraminer. Altrimenti un buon Spumante da uve Moscato d’Asti è sempre la scelta migliore. Un vino che Docg si trova anche al supermercato a 4 euro o poco più e offre allegri brindisi e nessun pensiero per le tasche.

Naturalmente non di sole bollicine vivono le feste. Tra i vini da aperitivi consigliamo volentieri un moscato giallo dell’Alto Adige, quasi sempre in commercio a 7- 8 euro, oppure un più impegnativo Pinot Bianco dell’anno magari anche se si tratta di un vino che offre il suo meglio sulla media distanza di due o tre anni. Ma perché non un buon Kretzer, il rosè che si ottiene dalle uve Lagrein, fresco e profumato a un prezzo sotto i 10 euro?

Proseguendo, la gamma dei vini rossi offre i vini a base Schiava, il vero vino dell’Alto Adige, fantastico sui primi come il risotto o sulle carni leggere. Un vino troppo spesso sottovalutato, ma incredibilmente buono e versati a tavola. Salendo sulla scala dell’intensità e anche leggermente di prezzo, non scordiamoci un buon Santa Maddalena come il sempre eccellente Huck Am Bach della cantina di Bolzano a poco più di 10 euro già adatto a secondi più elaborati. Passiamo poi agli ottimi Pinot Nero dove potremmo suggerire la cantina di Cornaiano che offre prodotti eccelsi intorno ai 15 euro. Lagrein per i secondi elaborati e la selvaggina e perché no? I bordolesi altoatesini, (Cabernet Sauvignon Melrot) un po’ trascurati negli ultimi anni a favore dei vini autoctoni ma comunque intramontabili per nobiltà del vitigno.

Qui la scelta è davvero difficile. Pensiamo allo Iugum di Peter DiPoli, a Colterenzio, a Lageder. Prodotti che hanno fatto la storia della moderna enologia altoatesina. Se ne trovano a meno di 20 euro. Non poco, ma nemmeno troppo, forse, per regalarsi almeno un giorno all’anno un’emozione low, ma non troppo, cost.













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