Per le strade di Bolzano 170 prostitute

I numeri dello sfruttamento in città: un terzo nigeriane, un terzo romene, ritornano le albanesi. Una dozzina le italiane


di Davide Pasquali


BOLZANO. Nei primi dieci mesi del 2016 per le strade della nostra città sono state contate oltre 170 persone dedite alla prostituzione. Circa un terzo nigeriane; un terzo romene; inaspettatamente stanno ritornando le albanesi, che negli anni avevano ceduto il campo alle sudamericane; le autoctone, in senso lato, oggi come oggi non superano la dozzina. Per il 90% chi si prostituisce è di sesso femminile. Solo nell’area dei Piani, dalla stazione alla Mila, ogni sera si contano in media 25 prostitute, la cui età media sta drasticamente scendendo. Si va verso le neo maggiorenni.

Sono i dati, impressionanti, snocciolati ieri sera da Davide Monti, operatore di strada del progetto Alba, nel corso di una delle più interessanti ed encomiabili tavole rotonde organizzate negli ultimi anni dal Comune con il sostegno del circolo Salvemini. Una tavola rotonda di livello decisamente elevato per gli interventi qualificati e approfonditi e quindi, come tale, difficilmente sintetizzabile in alcune, troppo poche righe. Almeno tre, però, sono i principali dati di fatto emersi, e prepotentemente.

Primo: la prostituzione è un fenomeno estremamente complesso, da sempre difficile da gestire, ulteriormente ingigantito dalla globalizzazione. E che oggi si alimenta grazie alla tratta umana, soprattutto dall’area sub sahariana, per così dire mascherata da movimento di profughi. Nel senso che una donna richiedente asilo funziona meglio di qualsiasi altro espediente. È il migliore modello di trasferimento fisico delle donne nigeriane inventato dai trafficanti di esseri umani. Di recente, vengono spedite anche giovani incinte, perché ci si è resi conto del fatto che, dal punto di vista dello sbarco, per loro vengono letteralmente stesi dei tappeti rossi. Insomma, è il canale più agevole per penetrare in territorio nazionale e garantirsi una permanenza libera dai rischi della clandestinità e dell’irregolarità.

Secondo: nessuno sa come risolvere il problema prostituzione, perché tutti i tentativi finora esperiti, in Italia e all’estero, per un motivo o l’altro sembrano non funzionare. Gli strumenti legislativi nazionali sono datati, servivano magari per gestire decentemente la prostituzione quando era praticata dalle italiane. La legge Turco Napolitano aiuta molto sul fronte della tratta, ma non basta. In parlamento, infatti, attualmente giacciono 25 proposte di legge. Il sindaco Caramaschi ha inoltre confessato di avere pochissimi strumenti a propria disposizione e di aver usato l’unico per ora possibile: spostare le prostitute da sotto casa dei bolzanini a una zona non (o meno) abitata. Il sindaco ha poi raccontato di essere stato, ci venga scusata l’espressione, respinto con perdite all’assemblea generale dell’associazione dei Comuni d’Italia: «Ho proposto all’Anci di avviare una discussione sulla regolamentazione della prostituzione, ma gli altri mi hanno fatto capire come il fenomeno sia l’ultimo dei problemi per la maggior parte dei Comuni, oggi senza soldi e sull’orlo del fallimento». Gli strumenti legislativi stranieri, d’altra parte, compresi il proibizionismo svedese che multa pesantemente i clienti o la riapertura delle case chiuse in Germania, hanno portato con sé notevoli effetti collaterali assai negativi.

Terzo: non c’è da considerare solo il problema dal punto di vista, comprensibilissimo ci mancherebbe, di chi si trova le prostitute sotto casa. Come ha spiegato il vicequestore Tricarico, esperto dirigente della Mobile, le prostitute sono delle vittime. Anche a Bolzano. Oltre che dal punto di vista sessuale, sono vittime di omicidi, pestaggi, molestie, rapine. E a loro volta, almeno in parte, delinquono, a volte assieme ai protettori a volte no: tentano magari di estorcere denaro ai clienti, fingendo di aver dovuto abortire e minacciandoli di raccontare tutto alle mogli. E infine delinque chi gestisce la prostituzione in loco. La maggior parte delle nigeriane arriva da Verona, Vicenza. Quotidianamente. Su e giù in treno. Si sa, che dietro c’è un’organizzazione. Ma sta altrove. E stanarla, perseguirla, averne ragione in tribunale, è tutta un’altra storia.

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