Steurer: «Ha risvegliato la nostra coscienza»

Lo storico: «È stato lasciato solo a lungo. Il Sudtirolo è stato dominato per anni dalla "Wehrmacht Generation" che aveva fatto la guerra nell'esercito tedesco»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Ha cambiato più lui le cose che tutti noi messi insieme, con i nostri bei libri e i grandi discorsi». Lui è Franz Thaler, ricamatore sul cuoio, il sudtirolese che giovanissimo fu internato a Dachau perchè disse no a Hitler. "Noi" è Leopold Steurer e l'esercito di storici, ricercatori, studiosi, politici e no che hanno messo le mani nelle opacità del nostro sentire comune, nelle cose non dette della storia, nel modo di guardare all'altro tra tedeschi e italiani. E nell'automatismo tutto sudtirolese di autoassolversi dalle colpe del passato. Steurer, detto "Poldi" è uno che l'ha vissuta in pieno la stagione del “non detto”, della “non memoria”. Quegli anni Ottanta dominati dai Magnago e dagli Zelger e dalla tecnica dell'assegnare responsabilità solo al nemico esterno. Steurer, lo storico coraggioso che sfidava, e sfida ancora, il conformismo, proprio mentre Thaler era lasciato solo tra i suoi ricordi di giovane cattolico sarentinese che ebbe il coraggio di rifiutare la chiamata alle armi.

Steurer, perchè è stato lasciato solo così a lungo?

Diceva la verità.

E faceva male?

Meglio ignorarla. Il Sudtirolo era dominato dalla Wehrmacht Generation, dalla generazione che aveva fatto la guerra nell'esercito tedesco. I Magnago, gli Zelger.

Ma poi qualcosa è cambiato...

Ha iniziato a cambiare quando quella generazione ha passato la mano. E' dagli inizi degli anni Novanta che Franz trova ascolto. E allora...

Allora?

Tutto cambia. Ed è soprattutto merito della sua personalità. Del modo con cui parlava, della sua scrittura senza fronzoli, senza citazioni. Ha fatto più lui, uomo semplice, per aprire le porte chiuse della nostra storia complicata che non noi storici con tutte le nostre ricerche.

Perchè?

Per la ragione che una tesi storiografica la si può contestare, una testimonianza indotta o indiretta la puoi accusare di eccessi ideologici ma lui no. Lui era un uomo gentile e semplice, un artigiano, un cristiano. Che raccontava: è successo questo e questo ed è successo a me, non so a voi...

Era inattaccabile?

Non era possibile accusarlo di mire politiche. Questa è stata la sua forza.

Perchè ha fatto tanto?

Il suo libro “Dimenticare mai” si legge d'un fiato. Tutti lo capiscono. E poi è stato instancabile. Ha parlato con tutti quelli che lo interrogavano, è andato nelle scuole, nei paesi. Ha influenzato soprattutto i giovani perchè lo capivano.

Cosa è cambiato, per merito anche suo, nella società sudtirolese?

Molto. La Wehrmacht Generation ha provato ad ignorarlo ma una volta tolti i sigilli, c'è stato come un nuovo respiro. Una liberazione. Finalmente si poteva parlare di "quella" cosa, di quegli anni. C'eravamo anche noi dentro, nel buio della storia da non raccontare più , non solo i fascisti. Anche noi sudtirolesi avremmo potuto dire no invece che sì ma non lo abbiamo fatto. L'hanno fatto in pochi. E ce lo siamo detti.

E nei rapporti tra i gruppi?

Nell'ultimo capitolo del suo libro Franz Thaler parla anche del dopoguerra. Di come era diventato il Sudtirolo, degli italiani e dei tedeschi.

E allora?

Parlandone a suo modo è diventato quasi inconsapevolmente un ambasciatore tra i diversi gruppi linguistici. Tutti lo conoscevano e potevano, attraverso le sue parole, capire e capirsi.

Anche gli italiani?

Soprattutto. Thaler è stato forse più conosciuto tra gli italiani che non tra i tedeschi.

E com'è adesso la situazione?

Migliorata. Cè anche un libro di storia comune. Uno può scegliere di leggerlo o no, ma c'è. Possiamo formarci su una visione condivisa delle vicende che ci hanno diviso. E' importante. E lo vedremo negli anni futuri.

È passata la Wehrmacht Generation ma nelle valli i giovani sentono ancora il richiamo delle destre...

Ma non di quella destra. Noto che non si tratta, nella maggior parte dei casi, di simpatie neonaziste, per quella destra storica, di tipo hitleriano come forse accadeva per i loro padri e nonni.

E di quale?

Di un nuovo vento conservatore e aggressivo. Che si ispira più all'ungherese Orban che non al vecchio nazismo. Ai movimenti anti immigrazione, con venature razziste direi post-moderne, come i giovani dei nostri partiti alla destra della Svp. Gente che ama i muri che Thaler ha abbattuto.

(I funerali i celebrano oggi alle 14.30 a Reinswald)













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