Affitti, personale e famiglie Commercianti allo stremo 

Nuovo lockdown. L’Unione protesta contro le misure adottate dalla giunta provinciale «Ai giovani abbiamo sempre detto di mettersi in gioco. Ora rischiano di rimanere senza lavoro»


Bruno Canali


Laives. Con il nuovo lockdown di tre settimane decretato dal presidente Arno Kompatscher, anche a Laives commercio e ristorazione intonano il “de profundis”. «Appena il tempo di riaprire – dicono gli operatori – ed ecco una nuova chiusura: questa volta veramente si tocca il fondo». Elda Paolazzi, fiduciari dei commercianti di Laives iscritti all’Unione (sono la maggioranza), si fa portavoce di questi timori con una serie di riflessioni.

«Mi dispiace tanto e sono estremamente preoccupata per il futuro dei nostri commercianti, artigiani e ristoratori – dice la fiduciaria – perché speravano di poter finalmente risalire il baratro nel quale sono precipitati loro malgrado a causa delle ripetute chiusure. Temo invece che questo nuovo lockdown ci farà morire uno dopo l’altro tutti quanti».

Paolazzi quindi fa un’amara riflessione: «Ci hanno detto di avere coraggio, di andare avanti, ma ci chiediamo dove e come, se non arrivano adeguati sostegni finanziari con somma urgenza. Altrimenti sarà la fine per molti. Penso in particolare ai giovani che coraggiosamente hanno avviato un’attività commerciale e imprenditoriale e mi chiedo quale futuro possano avere in queste condizioni. Abbiamo sempre detto loro di seguire i loro sogni, le loro idee, di mettersi in gioco e di non lasciarsi spaventare dalle sfide quotidiane. Mi chiedo ora che cosa possiamo dire a questi giovani e a quelli che sono rimasti e rimarranno senza lavoro».

Il clima che si respira anche fra gli operatori commerciali e i ristoratori è al limite della disperazione, «perché – dicono – i ristori avuto fin qui sono briciole rispetto alle reali necessità: ci sono gli affitti da pagare comunque, insieme a tutta la serie delle altre spese ordinarie che accompagnano la gestione di un negozio o di un bar o di un ristorante. Ognuno di noi ha anche una famiglia da mantenere e c’è chi, paradossalmente, si è già dovuto indebitare per poter sopravvivere. Abbiamo anche una responsabilità nei confronti del personale assunto, personale che inevitabilmente dobbiamo mettere in cassa integrazione, con la prospettiva che poi, quando si potrà riaprire, dovremo licenziare, creando così nuova disoccupazione, con una spirale che porterà tutti sempre più verso il fondo».

Da domani iniziano altre tre settimane di “calvario” per tutta la categoria, una categoria che tra l’altro si sente non colpevole per la situazione venutasi a creare con la pandemia. «Fin dalla scorsa primavera – ricordano negozianti, baristi e ristoratori – avevamo adottato tutte le misure di sicurezza necessarie, spendendo anche denaro per adeguare i locali con distanziatori, plexiglas e così via. Stando così le cose, sono stati anche questi soldi buttati, perché ogni volta a pagare il prezzo più pesante delle chiusure siano sempre noi».















Altre notizie

Attualità