I lavori davanti al Kursaal cancellano l’opera d’arte 

Dopo l’asfaltatura. Sparite le 24 piastrelle che riproducevano un dipinto di Pierluigi Mattiuzzi “Il suono di una mano sola” ritraeva un’anima in volo sul mondo, secondo una visione buddhista


Sara Martinello


Merano. Con i lavori in corso Libertà è scomparsa dal marciapiede di fronte al Kurhaus un’opera artistica a cui tanti cittadini negli ultimi anni si erano affezionati, l’installazione con cui il pittore e scultore Pierluigi Mattiuzzi volle omaggiare nel 2015 la trentesima edizione delle Settimane musicali meranesi. A segnalarlo è una lettrice, desolata nel constatare come a lavori finiti nessuno si sia preoccupato di ripristinare l’opera: «Perderla sarebbe un gran peccato, visto che si tratta di uno dei maggiori artisti meranesi contemporanei».

La storia dall’inizio.

Le ventiquattro piastrelle sulle quali è rappresentato il volo di un’anima sullo sfondo della Terra erano state posate nell’asfalto nell’agosto di quattro anni fa, quando il Pavillon des Fleurs ospitò la personale di Pierluigi Mattiuzzi “Il suono di una mano sola” – questo anche il nome dell’opera incastonata nell’asfalto –, curata da Franco Mazza ed elogiata dalla critica. Ne parlò bene anche Piero Siena, direttore del Museion, cui proprio martedì sera è stato dedicato un omaggio al museo di palazzo Mamming. Fu Andreas Cappello, nel 2015 direttore del Kurhaus, a invitare Mattiuzzi ad allestire una personale nell’edificio liberty tra il Corso e la passeggiata. «Cappello prese un mio quadro – racconta l’artista –, lo fece scannerizzare a Lana e poi diede il file alla Durst Phototechnik di Bressanone. La posa la fece un bravissimo piastrellista di Marlengo».

Le vicissitudini dell’opera.

«Più tardi – riprende Mattiuzzi – la nuova direttrice del Kurhaus, Monika Gamper, fece togliere l’insegna sulla quale si potevano leggere alcune informazioni sull’opera. Sì, nel constatare che le piastrelle sono scomparse diversi amici e conoscenti sono rimasti perplessi, ma bisogna anche considerare che finalmente hanno rifatto l’asfalto. Insomma, non è un dispiacere tanto grande». Di “Il suono di una mano sola” esisterebbe un’altra copia su piastrelle, stipata in uno stanzino degli attrezzi del Kursaal.

L’arcano svelato.

Le opere di Mattiuzzi non sono nuove a misteriose sparizioni. Nel giugno del 2008 qualcuno sottrasse da via Streiter, a Bolzano, il totem in legno inciso e verniciato, alto oltre un metro e ottanta, con tanto di piedistallo in cemento e acciaio. “Mardawa”, questo il nome dell’installazione, aveva un valore di 3 mila euro e faceva parte di un’esposizione voluta dai commercianti di via Streiter. «Mi era già capitato a Villa Ada, a Roma, qualche anno fa, ma che potesse succedere a Bolzano, chi se lo aspettava?», commentò allora l’artista meranese. Nessuna delle due opere fu mai più ritrovata. Stavolta, però, il mistero è presto svelato. L’ingegner Luca Mussner, responsabile dei lavori per l’allacciamento al teleriscaldamento svolti da Erdbau, spiega come sono andate le cose. «Una delle piastrelle era già molto danneggiata. Abbiamo provato a rimuoverle senza che l’opera si rovinasse ulteriormente, ma non si scollavano dall’asfalto. In ogni caso mi sono fatto assicurare che non fossero sotto tutela. In ogni caso, contando che poi anche la facciata dell’edificio sarebbe stata risistemata, se avessimo lasciato il vecchio asfalto intorno all’opera e ai lati invece avessimo rifatto la pavimentazione ne sarebbe uscita un’immagine ben poco elegante del Kursaal».

Il suono di una mano sola.

Quando gli si chiede quanto tempo abbia impiegato a dipingere il quadro, Mattiuzzi risponde così: «Potrei dire tutta la vita. Finire un dipinto è un po’ come partorire un figlio: il parto dura alcune ore, la gestazione nove mesi, ma ad avere un bambino ci hai pensato per lunghissimi anni». Il titolo del dipinto si rifà alle filosofie buddhiste orientali e all’aneddoto di un discepolo che, chiesto al suo maestro un tema di meditazione, si sentì rispondere “Il suono di una mano sola”. E meditò tanto a lungo da acquisire un nuovo, più complesso e più limpido sguardo sulla realtà. «Perché questo è quello che succede quando si esce dai condizionamenti sociali», spiega Mattiuzzi.













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