lavoro

Allarme manodopera: un dipendente su 6 potrebbe lasciare l'Alto Adige nei prossimi due anni

Le anticipazioni del Barometro Ipl: sono alla ricerca di nuove esperienze e di condizioni più favorevoli dove crescere i figli. «La competizione non sarà più sui prodotti ma sui lavoratori qualificati»

LE AZIENDE Lavoratori, nuove priorità: tempo libero e smart working



BOLZANO. La carenza di manodopera in Alto Adige potrebbe aggravarsi tanto che nei prossimi due anni un lavoratore dipendente altoatesino su sei potrebbe pensare di lasciare la provincia. E’ quanto emerge dalle anticipazioni del Barometro Ipl.

«In futuro la competizione decisiva non sarà più per i migliori prodotti o per i processi produttivi, ma per la migliore manodopera qualificata», avverte il presidente di Ipl Andreas Dorigoni. «Con il contenimento dei salari e un atteggiamento prevenuto nelle trattative con i sindacati, i datori di lavoro altoatesini rischiano di darsi la zappa sui piedi».

«Il fatto che l'Alto Adige stia perdendo soprattutto manodopera altamente qualificata e stia importando lavoratori poco specializzati è già emerso da altri studi. A medio termine è fondamentale invertire questa tendenza. I datori di lavoro devono prendere consapevolezza del fatto che in futuro il fattore umano sarà un bene più scarso della tecnologia o del capitale», così il direttore Stefan Perini.

Nel 2021 (ultimo dato disponibile), l'incidenza degli altoatesini che si trasferiscono all'estero è stata di 3,6 per 1.000 abitanti, ponendo ancora una volta la provincia ai vertici della classifica italiana. Secondo il Barometro Ipl, il 15% dei dipendenti sta valutando la possibilità di trasferirsi all'estero nei prossimi due anni, mentre il 17% non esclude la possibilità di spostarsi in un'altra regione d'Italia. Il principale motivo per trasferirsi all'estero o in un'altra regione italiana è il desiderio di "cambiare ambiente culturale" (citato dal 29% degli intervistati), mentre il 25% degli intervistati dichiara di essere attratto dall'opportunità di "fare nuove esperienze".

Le motivazioni principali si riferiscono quindi principalmente a due fattori che non possono essere controllati direttamente dalla politica economica. Non è così per la terza ragione, ovvero la "ricerca di condizioni socio-economiche più favorevoli per crescere i figli" (20%), seguita da "condizioni di lavoro più favorevoli, difficili da negoziare in Alto Adige" (15%) e dalla prospettiva di un'"abitazione più grande e confortevole" (9%). Non a caso, l'offerta limitata di alloggi e il costo delle abitazioni in generale sono spesso citati come un ostacolo all'attrattiva dell'Alto Adige come luogo di lavoro e di vita. 













Altre notizie

Attualità