Andate a teatro: sul palco c'è la vostra coscienza



Se avete un istante e se non l’avete già fatto,  andate a teatro. Andate da Lella Costa. Andate da Marco Baliani. Andate dai quattro ottimi giovani che recitano (ammesso che si possa recitare la vita) con loro: Noemi Medas, David Marzi, Elisa Pistis, Luigi Pusceddu.
Sul palco, c’è la nostra storia. Storia di ieri. Storia di oggi. Disintegrata integrazione. Vista dalle due sponde di un unico mare - anzi: di un unico pianeta - che si divide con drammatica e costante facilità. Da una parte, quelli che hanno un futuro; dall’altra quelli che non lo hanno. In mezzo al mare, in mezzo a un mediterraneo che è un cimitero sconfinato e invisibile, in mezzo a tutte le barriere anche culturali che le nostre paure stanno costruendo, c’è l’umanità. In ogni senso intesa. Ci sono bambini, donne e uomini che cercano di arrivare “di qua”, spesso morendo prima di toccare la terra. Ci sono le nostre ansie e la nostra generosità, il nostro indugiare sul dolore, il nostro girarci dall’altra parte. Ci sono i luoghi comuni. Da una parte la coscienza, dall’altra l’incoscienza. Con un confine che non è mai nitido: come i nostri pensieri. Sul palco del Teatro  c’è la voce - anzi: le voci, perché non c’è mai una sola voce dentro di noi - della nostra anima. Il silenzio della nostra presunta innocenza. C’è ironia. C’è profondità. C’è ricercata superficialità che ci fa sorridere perché altro non è che uno specchio di parole nel quale vediamo parte degli stereotipi che ci sono cari. Possiamo vederli tutti e possiamo anche fingere di non esserci noi, lì al centro di quel palco in cui la finzione attinge in una cultura senza tempo per scoprire d’essere realtà.
C’è ciò che è disumano, sul palco. C’è ciò che non si può definire umano, ciò che con un occhio si vede (e si vuol vedere fino in fondo) e con l’altro si rifiuta di osservare. Ci sono mille domande senza risposta. Anche per chi, come noi, ogni giorno tenta di raccontare ciò che accade, cercando di tener sveglio chi considera normale ogni tragedia, nel momento in cui si ripete all’infinito sempre uguale.
Andate a teatro. Andate in quello che Victor Hugo chiamava il paese del vero.













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