Vita da malgaro: «Lavoro duro ma la natura ripaga»

A malga Resia con Christon Thöni e Gabriele Di Luca: «Per gli animali non esistono i giorni di festa»


di Bruno Pileggi


RESIA. Tra le decine e decine di malghe sparse in tutto l'Alto Adige, quella di Resia certamente occupa un posto di privilegio. Almeno per quanto riguarda la sua posizione. Situata a quota 2010 metri sul livello del mare, proprio ai piedi del massiccio del Piz Lat spartiacque dei confini di Stato tra l'Italia, la Svizzera e l'Austria, si specchia nelle acque limpide del sottostante lago di Resia. Un panorama mozzafiato.

Di proprietà della frazione di Resia, la malga apre la sua stalla ai bovini del posto ma anche a quelli provenienti dal fondo valle non più tardi del 20 giugno di ogni anno. La stagione dei pascoli finisce, quasi sempre, la prima decade di settembre.

Il suo territorio adibito a pascolo ha inizio già dal fondovalle (Resia - paese vecchio), lungo la Val di Roja, e sale lungo le pendici del Monte Piz Lat. Solitamente il numero dei bovini al pascono non supera le 70 unità ma, all’occorrenza, la stalla è in grado di ospitarne anche 80.

Capo e aiutante malgaro. Due i malgari: il capo e un aiutante. In questo frangente, ad occuparsi delle circa 70 mucche è Christon Thöni, malgaro capo di Vallelunga, frazione di Curon. Il suo assistente è invece Gabriele Di Luca, aiuto malgaro, di Clopair, località ancora più piccola del territorio comunale di Curon.

La loro vita, il loro ritmo di lavoro presso la malga, così come raccontata dai malgari stessi, è scandita non dall’orologio che portano al polso, bensì dal comportamento degli animali che sono chiamati ad accudire con passione. Tanta passione.

«Chi ama la natura ama gli animali; e chi ama la natura e gli animali ama doppiamente la propria famiglia». Sono le parole, che diventano un motto, con il quale l’aiutante Gabriele di Luca saluta gli ospiti che sovente salgono lungo la strada forestale che da Resia conduce alla Val di Roja, quindi lungo una stradina laterale verso la malga.

Un mini-zoo. Qui infatti i turisti e gli escursionisti possono vedere, fotografare ed accarezzare anche una piccola famigliola di asini: papà, mamma e figlioletto, assieme ad alcune caprette che Gabriele è solito portarsi alla malga per farli vivere e crescere liberamente in una natura ancora incontaminata. «Questo - afferma - secondo me ma anche per tutti gli altri malgari, non è un lavoro come un altro. Fare il malgaro vuol dire, stare lontano da casa per circa tre mesi (l’intera stagione) e dedicarsi con cura ed amore agli animali che i contadini ci affidano. Qui non esiste il giorno di festa o la domenica. I giorni per i nostri animali, sono tutti uguali.

Giornata tipo. Sveglia alle 4 del mattino quando è ancora completamente buio. Con il bello o il brutto tempo. Pioggia, temporali, freddo pungente, il malgaro si calca il cappello in testa munito di una pila come quella di chi scende in miniera. «E via a radunare le mucche - racconta Di Luca - che la sera prima avevamo lasciato in un pascolo per portarle alla stalla per la mungitura. Terminata la quale si passa al controllo visivo delle vacche per controllare che non abbiano particolari problemi: ci premura, per esempio, che gli zoccoli siano in ordine o che non siano presenti serie punture di insetti. Poi le riportiamo al pascolo dove rimarranno sino alle 17 quando verranno nuovamente radunate e riportate in stalla per la mungitura serale.

«Si ritorna in stalla, quindi, e si incominciano le pulizie: dei locali e dei macchinari. Il latte alle 7.30 di ogni giorno deve arrivare presso la latteria sociale di Resia tramite idonee attrezzature di pompaggio. Per la colazione dobbiamo attendere le 9 del mattino circa; non possiamo permettercela prima che tutto non sia perfettamente in ordine. Dopodiché inizia la ricognizione in lungo ed in largo dei pascoli, oltre 100 ettari. Si controlla che i recinti siano in perfetto stato di conservazione, che gli abbeveratoi per le mucche siano in ordine e che contengono acqua. Poi, lentamente in rientro alla malga per preparare il pranzo. Se uno cucina, all’altro il compito della pulizia e del riassetto dei locali. I compiti vengono divisi ed in armonia condivisi. Nessun problema».

Nei ritagli di tempo libero, i malgari si occupano della preparazione delle note corone da apporre sul collo delle mucche al rientro dall’alpeggio: «C’è quella che ha fornito più latte, quella più “brava”, ma anche la più anziana dell’intera mandria. Insomma, a volte il tempo è veramente poco per tutto quello che dobbiamo fare. Dobbiamo comunque aggiungere che spesso i nostri cari vengono a trovarci; dopotutto non siamo fuori dal mondo. Ecco, oggi, per esempio, è venuto a trovarci mio figlio Manuel con la moglie col figlioletto. Si fermeranno a pranzo qui da noi e, anche se per poco tempo, ci accorgiamo almeno che oggi è domenica. È un lavoro che facciamo con passione e per questo non ci pesa più di tanto».

Il ritorno dall’alpeggio. Presto la stagione sarà finita. «Il 9 settembre - conclude Gabriele - l’alpeggio avrà termine. A fondo valle saranno in tanti ad aspettarci con la banda del paese sicuramente pronta ad accoglierci. Sarà una vera festa alla quale le primedonne saranno le... mucche. Noi certamente saremo píù felici che mai perché potremo finalmente trascorre più tempo con la famiglia».

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