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I soci sfiduciano Benko: timori per il Waltherpark 

Il tycoon austriaco. Con una lettera pubblicata su «Der Spiegel» gli chiedono di farsi da parte. Hager: «Niente panico, il progetto va avanti». Caramaschi: «Siamo tutelati da una fideiussione»



BOLZANO. Tanto tuonò, intorno a René Benko, che piovve. E così dopo i rumors, tra borsa e media finanziari soprattutto di area tedesca, precipitano anche i fatti: i soci più fedeli del tycoon austriaco, con in testa Hans Peter Haselsteiner - con molti interessi radicati anche a Bolzano - lo hanno invitato a farsi da parte. Scritto nero su bianco in una lettera pubblicata anche dallo Spiegel. Haselsteiner, il quale, tra l’altro, detiene un importante pacchetto Signa, il 15%, auspica, come gli altri firmatari, che la gestione della holding sia affidata ad un “fiduciario”. In sostanza, detta in gergo parlamentare, una mozione di sfiducia. La questione, per Bolzano, è che Benko sta costruendo qui di tutto, tra il già consegnato - il palazzo sopra l’ex buco di via Alto Adige - già venduto nelle sue unità immobiliari - il nuovo mini quartiere a Gries - e infine, a un passo dalla conclusione, il grande cantiere Waltherpark .

Il “dominus” di Signa Italia a Bolzano, è Heinz Peter Hager. Dunque? «Niente panico - dice - i progetti vanno avanti». Anche quello di Ponte Roma? «Assolutamente. Quello, in particolare, è una iniziativa indipendente. Con altri soci in campo». Tuttavia, le voci corrono. E il proconsole bolzanino di Benko prova a porsi al riparo: «Alla Signa, qui, siamo abituati a lavorare in modo autonomo e le consociate sono tutte organizzate per poter procedere indipendentemente dalla casa madre». La preoccupazione in Alto Adige, tuttavia, riguarda la sostenibilità del cantiere che più sta incidendo sul tessuto urbano e questo è già oggetto di interrogazioni sulla sua sorte, come quella presentata dalla consigliera Renate Holzeisen.

Risponde ancora Hager: «Capisco gli interrogativi. E sto verificando cosa in realtà esista di concreto oltre i titoli dei giornali tedeschi. Se, ad esempio, le richieste dei soci sono mirate ad un riassetto specifico. Ma per quanto riguarda Bolzano - insiste - il Waltherpark è già finanziato». Poi, ed ecco il contesto ambientale, anche sul piano politico, che potrebbe comunque incidere sulla vicenda, Hager chiede una sorta di tregua: «Capisco l’interesse ma vorrei che il cantiere potesse procedere senza intoppi. Non chiedo naturalmente aiuti, ce la facciamo da soli, ma di non frenare le procedure: tutti i fondi sono al sicuro».

Ma dall’altra parte c’è il Comune. Il sindaco, che dice di guardare tutti i giorni quanti camion entrano ed escono da via Alto Adige, conta di vedere il Waltherpark concluso: «E di inaugurarlo alla fine del mio mandato. Io faccio sempre il tifo per l’ economia e perché le cose procedano». Si sente rassicurato in ogni caso? «Ho sentito gli interessati. Anche i miei, negli uffici, mi confermano che il progetto è finanziato. E non ha mai rallentato, se non per cause naturali. In ogni caso - rivela - noi e Bolzano non corriamo eccessivi rischi: siamo coperti da una fideiussione di 40 milioni di euro».

Erano anni che, partendo da interventi di autorevoli quotidiani tedeschi per finire a quelli viennesi, René Benko era dato in gravi difficoltà. Da «ha urgente bisogno di soldi», fino a un titolo di questo tenore «si prevede un crollo», l’impero del tycoon veniva collocato al centro delle analisi del mondo economico. Tre anni fa già i primi segnali, con il fallimento delle catene commerciali appena acquisite, come il gruppo Karstadt, i più estesi grandi magazzini germanici. Bloccati i lavori per la Elbtower di Amburgo, e pure, nella stessa città, del Flüggerhöfe. L’impresa, pare, non sarebbe stata pagata. Poco prima, invece, lo stesso Benko aveva pensato di quotarsi alla borsa di New York, nonostante Bloomberg avesse parlato con chiarezza di «impero in difficoltà». Pur tra questi alti e bassi il tycoon aveva allora commentato con la consueta sicurezza: «Solo la Chiesa cattolica e la regina d’Inghilterra possono competere con il mio portafoglio immobiliare». In verità, molto esteso, con grandi cantieri in azione pure sulla sponda bresciana del lago di Garda. Adesso, invece, lo stop chiesto dai suoi stessi soci: inizia tutta un’altra storia.

 













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