Tra i ventenni meranesi uno su cinque è straniero 

Il piano sociale 2020/2022. Il vicesindaco: «Vanno coinvolti i “nuovi italiani” e i loro genitori» La crescita: «Le donne straniere, che in media hanno 2,5 bambini contro l’1,6 delle donne locali». 


Sara Martinello


Merano. Secondo i dati Astat superano il 16% della popolazione cittadina. E tra i minori di vent’anni la percentuale sale al 20%. Eppure a malapena ci si accorgerebbe di loro, se non fosse per la narrazione dell’invasione fatta a destra. Sono i concittadini nati al di fuori dei confini italiani, spesso dimenticati quando si tratta di attuare politiche sociali, o ridotti nei nuovi ghetti delle consulte, dei pro forma. Così, nel nuovo Piano sociale 2020-2022, gli “stranieri” sono diventati uno dei quattro temi su cui l’amministrazione comunale si è focalizzata.

Un duplice compito.

Parlando del Piano durante la recente conferenza stampa della giunta, il vicesindaco Andrea Rossi ha citato un duplice compito del documento. «Da una parte deve dare gli strumenti per ricostruire il tessuto sociale, che qui è ancora solido ma comincia a mostrare crepe. Dovute a un individualismo crescente, sì, ma sanabili. In secondo luogo, dobbiamo rispondere ai temi della sicurezza: ci sono sacche di società che non si sentono rappresentate o che vivono situazioni difficili, e questo rischia di diventare un problema di ordine pubblico». Le parole di Rossi si riferiscono a un quadro sociale globale.

Scenari nuovi e diversi.

Il vicesindaco scende quindi nel dettaglio del contesto migratorio: «Finora ci siamo concentrati sull’emergenza senza tener conto delle ondate delle migrazioni già avvenute in passato, pensando che queste fossero una questione ormai risolta. E invece affiorano situazioni – il riferimento più recente è al video dei ragazzi di Sinigo – che portano all’attenzione pubblica un dato di cui non ci si può sorprendere, se si guarda alle periferie d’Europa. Quindi bisogna coinvolgere chi è qui già da anni, gli italiani di seconda generazione e i loro genitori. Le scuole lo fanno già, ma non possono affrontare questo tema da sole».

I numeri.

Alla fine del 2017 i concittadini stranieri erano il 16,26% della popolazione meranese (nel 2007 erano il 12,27%). La percentuale è salita l’anno successivo a 16,76 punti, uno 0,5% in più. «Se tra i minori di 20 anni uno su cinque è nato al di fuori dei confini – riprende Rossi – tra quelli in età prescolare la percentuale sale ancora un po’. Questo giustifica il saldo migratorio positivo della nostra città da ormai 15 anni. E insieme rende conto del tasso di natalità maggiore tra le donne straniere, che in media hanno 2,5 bambini contro l’1,6 delle donne locali».

Le misure del Piano.

Natalità maggiore, maggiore bisogno di rivolgersi a specialisti. Il confronto tra culture diverse (per esempio con donne cui è impedito di andare dal ginecologo non accompagnate da un marito che sarà poi anche l’unico interlocutore del medico) nel Piano sociale 2020-2022 gioca un ruolo nell’elaborazione delle misure da intraprendere. «È già partito un progetto di supervisione psicologica, dedicato agli operatori dei centri di accoglienza e al personale dell’Azienda sanitaria in ambito psicologico e psichiatrico. I nostri approcci alla psiche devono fare i conti con culture in cui l’inconscio ha per esempio un valore diverso dal nostro o, più semplicemente, i drammi subiti dalle persone di ultima migrazione nei loro percorsi di arrivo fino a noi possono essere vissuti diversamente e rimanere come un nodo irrisolto tra operatori e utenti».

Tra le misure citate da Rossi c’è anche l’istituzione di una classe di terza media serale (come già a Bolzano) per far ottenere un diploma a chi, tra i migranti, ha titoli di studio parificabili ma non riconosciuti. «Come in parte già sperimentato, stiamo pensando a costruire ponti tra la domanda e l’offerta di lavoro per quegli impieghi che i nostri concittadini non coprono più e per i quali i migranti sono invece ancora una risorsa (lo dice anche la Camera di Commercio di Bolzano)». “Qui non assumiamo meridionali”, si leggeva sulle vetrine qualche decennio fa.

C’è poi la diffusione di informazioni corrette e il contrasto delle falsità, prima fra tutte, si spera, la favola dello “straniero” come nemesi sociale in sostituzione di un discorso di classe.













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