l'incontro

Violenza, l’avvocata pronta a difendere anche gli uomini 

Maria Lucia Di Pierro ha parlato del Codice blu: «Quella psicologica prevale di gran lunga». «Parlarne alla vigilia della giornata contro la violenza sulle donne? È solo un modo di stemperare posizioni ideologizzate» 


Massimiliano Bona


TERLANO. Non solo le donne sono vittime di violenza. Anche gli uomini. «La violenza non ha genere: quella degli uomini sulle donne è fisica il più spesso delle volte, mentre quella ai danni degli uomini è psicologica, ma ha aspetti ed effetti altrettanto devastanti»: a parlarne, l’altra sera a Terlano durante una conferenza Upad, è stata Maria Lucia Di Pierro, cassazionista, esperta di diritto di famiglia e dei minori e componente del Comitato Pari Opportunità del Comune di Bronzolo. Nell’incontro con i residenti si è parlato in particolare del «Codice blu, il fenomeno della violenza sugli uomini». Ci si è soffermati sulla violenza intrafamiliare e su quella che si innesta nell’ambito della crisi conseguente alla disgregazione della famiglia (separazioni, divorzi, cessazione convivenze di fatto). A fare gli onori di casa sono stati la referente Upad Grazia Parente e il consigliere comunale Alessandro Silvestri della lista civica in rappresentanza del sindaco.

Il fenomeno della violenza sugli uomini è un fenomeno avvolto, ha commentato l’avvocata, «da un silenzio mediatico assordante, dato che una buona parte dei media veicola costantemente e rafforza il preconcetto per cui la violenza è unidirezionale, dall’uomo verso la donna (si tratta, oggettivamente, della maggioranza dei casi, soprattutto quelli con esiti mortali ndr). Mancano, a riguardo indagini qualitative e quantitative, largamente condivise, a parte qualche sporadico report di qualche ente o istituto di ricerca, complice lo stereotipo della virilità che porta l’uomo a tacere e a non denunciare le violenze subite per timore di essere ridicolizzato e non creduto, impedendone così l'emersione».

La violenza, dunque, non ha genere, ha ribadito Di Pierro. «Del fenomeno si è occupata l'Università di Siena, la cui proiezione statistica è allarmante: 5 milioni di uomini vittime degli stessi tipi di violenza che subiscono le donne, numeri analoghi a quelli rilevati dal Gesef, associazione dei genitori separati con sportelli di ascolto in Italia, che si è basata su un campione molto simile a quello usato dall'Istat per l'indagine che vede vittime le donne, e che spiegano la sempre maggiore proliferazione sul territorio nazionale di associazioni a tutela degli uomini vittima di violenza».

Nell'ambito della violenza domestica - continua Di Pierro - «se l'uomo sfoga la rabbia per lo più dal punto di vista fisico, le donne hanno una maggior propensione ad utilizzare la violenza psicologica come modalità relazionale disfunzionale rispetto ad altre forme di maltrattamento, come, peraltro, riconosciuto recentemente dall'Ordine degli psicologi dell'Emilia Romagna, che la qualifica come una delle più forti e distruttive espressioni manipolatorie di esercizio di potere e controllo sulla persona. Questa forma di violenza è particolarmente insidiosa e si sostanzia spesso nello svilimento e denigrazione dell'uomo nelle sue capacità familiari, personali e sessuali, fino all' alienazione parentale attraverso la manipolazione dei figli».

«Un’ulteriore forma di violenza è quella economica, quest’ultima consumata soprattutto nelle aule giudiziarie attraverso richieste predatorie e strumentali, complici prassi giudiziarie aberranti imperniate su decisioni stereotipate ed approssimative, che determinano uno sbilanciamento della tutela in favore delle donne, con ulteriore vittimizzazione dell'uomo, sovente costretto a fare percorsi tutti in salita per vedere riconosciuto il diritto alla bigenitorialita e ricondurre le statuizioni economiche nell'alveo di una maggiore equità».

Parlare di violenza agli uomini alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne che si terrà venerdì 25 novembre, conclude la cassazionista, «non vuole avere il sapore della provocazione, ma piuttosto quello di stemperare le posizioni ideologizzate, oltre le giuste istanze di tutela del genere femminile, sgombrando il campo da veti ideologici, pregiudizi, narrazioni retoriche e monche che condizionano la percezione collettiva della realtà e impediscono di trovare il modo di "aggiustare ciò che si è rotto", cioè le relazioni affettive che nascono e diventano disfunzionali, promuovendo una cultura che valorizzi le differenze di genere in una logica non di contrapposizione, ma di integrazione e arricchimento, anche nell'ottica di una maggior tutela dei soggetti più fragili per eccellenza, cioè i minori. Una società dominata dalla violenza, qualunque essa sia, e da chiunque provenga - conclude l'avvocatessa - è una società senza visione del futuro».

 













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