Addio a don Italo, il prete dell’Avis e degli emigranti 

Gli inizi come cappellano dei minatori. In val Ridanna nell’immediato Dopoguerra Prete d’azione animato da una fede semplice e incrollabile. Per decenni coi Donatori di sangue


Luigi Spagnolli*


BOLZANO. In questo tempo sospeso dell’era Covid-19 è tornato alla Casa del Padre don Italo Tonidandel. Se n’è andato in silenzio, come non era suo costume: don Italo è stato un prete d’assalto, un omone sanguigno che non le ha mai mandate a dire e che mai si è tirato indietro quando si trattava di tutelare le sue pecorelle, le persone che la Provvidenza gli aveva assegnato. Nato a Fai della Paganella nel 1925, ordinato sacerdote nel 1950 in un periodo in cui le vocazioni fioccavano sull’Altipiano grazie all’instancabile azione di proselitismo dell’indimenticato Parroco di Fai don Luigi Rossi, ha avuto, nel corso della sua vita di pastore di anime, un gregge numeroso e variegato. Negli anni ’50 si ritrovò incaricato prete di frontiera in un Alto Adige ancora segnato dalle sofferenze del Ventennio ma anche terra promessa di migliaia di lavoratori italiani che decidevano di lasciare la propria terra di origine per cercar fortuna quassù. A San Martino Monteneve, un villaggio sorto come dal nulla su un pianoro ben oltre i 2000 metri di altitudine tra la Val Passiria e la Val Ridanna per ospitare, anche nei freddi mesi invernali, i minatori delle omonime, secolari miniere che ebbero un ultimo momento di fulgore nel dopoguerra, fu per anni punto di riferimento non solo religioso, ma anche psicologico e sociale dei minatori stessi e delle loro famiglie.

Erano persone provenienti un po’ da tutte le Regioni d’Italia: abruzzesi che preferirono emigrare in Alto Adige piuttosto che in Belgio per motivi di minore distanza da casa, polesani in fuga dalle alluvioni, gente del Sud in cerca di un futuro meno incerto. Molti con storie di miseria e di speranza alle spalle. Don Italo era, è stato sempre, per tutti, un problem solver, un pratico, un prete d’azione. Animato da una fede semplice ed incrollabile: c’era sempre una via giusta da seguire e lui la seguiva perché il Signore gliela indicava.

Il gregge in cui si è maggiormente riconosciuto è stato certamente quello dei Donatori di Sangue: per decenni ne è stato il cappellano e l’indiscussa guida spirituale. Il Dono di una parte di sé a favore di chi ha bisogno era, per lui, un’ovvietà: i donatori di sangue rappresentavano quindi ai suoi occhi l’esempio più sublime ed allo stesso tempo accessibile per tutti, in tal senso.

Memorabili le prediche che teneva durante le immancabili Messe allestite in particolare in occasione delle feste campestri dell’Avis, rapide ed essenziali, che andavano dritte al cuore ed al cervello. O quelle del Natale del Donatore Avis, a cui non ha voluto mai mancare finché la salute glielo ha consentito, per sottolineare il parallelismo tra Gesù che dona se stesso per noi e i donatori di sangue che donano una parte di se stessi per noi. Semplice e chiaro.

Aveva un vocione ed un incedere caracollante ma trascinante che resteranno a lungo nella memoria di tutti coloro che lo hanno conosciuto.

Buon cammino, don Italo, uomo grande e grande Uomo.



(*già sindaco di Bolzano)













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