Addio Zampatti, una vita per il soccorso alpino

Morto a 62 anni il presidente del Cnsas. il dolore degli amici: ciao, capocordata


di Massimiliano Bona


BOLZANO. È morto a soli 62 anni per un male incurabile Lorenzo Zampatti, presidente del soccorso alpino del Cnsas ma anche socio di lungo corso della «Cle», impresa di costruzioni nella quale era entrato in punta di piedi nel 1990 per poi diventarne una colonna portante. La sua è stata una vita sempre in prima linea, spesa per la sicurezza degli altri, sia in montagna - dove predicava prudenza in quota e per tutti era semplicemente “il capocordata” - che nell’edilizia. Tra le imprese più belle come alpinista c’è quella del 2 agosto 1980 - il giorno della strage di Bologna - quando assieme a Roberto Rossin, accademico del Cai e compagno di cordata, aprì una via nuova sul Pilastro (250 metri di «zoccolo» e 250 metri da percorrere in verticale) dedicandola a Sandro Pertini. L’ex presidente della Repubblica li ricevette subito entrambi sebbene qualche giorno prima fosse stato minacciato di morte dalle Brigate Rosse.

«L’ultima via che abbiamo affrontato assieme - ricorda Rossin con la voce rotta dal pianto - è la “Stelle di polvere” dell’Anglone, nella valle del Sarca, pochi giorni prima di Natale. L’abbiamo fatta in alternata e lui, sebbene fosse già debole, non si è mai tirato indietro». Rossin ricorda «la sua stretta di mano d’acciaio, che denotava la forza della persona. Lorenzo era buono, onesto, modesto e capace. Alla Cle ha vissuto sulla sua pelle la situazione che ci ha travolti negli ultimi due anni. Era responsabile degli acquisti e si doveva confrontare con i fornitori che certo non erano felici. Una forza, la sua, davvero fuori dal comune».

Se il soccorso alpino, oggi, è così radicato sul territorio - con 650 volontari e 21 stazioni - lo si deve proprio a Zampatti, che ne è stato presidente per oltre vent’anni. Di poche parole, proprio come lui, anche il suo braccio destro al Cnsas Raffael Kostner, che è stato più volte a trovarlo nella casa di Aslago, dove si è spento venerdì. «Lorenzo è stato un grande ed era l’anima del soccorso alpino. Seguiva i corsi e l’addestramento e se c’era un problema da risolvere lui riusciva, in qualche modo, a trovare la soluzione. Gli ho detto, anche di recente, che non intravedevo tra le giovani leve il suo successore e che bisognava fare in fretta a scovarlo. Sapeva che non gli sarebbe rimasto molto ma si era aggrappato alla speranza. Per noi è una perdita incredibile». Commosso il ricordo anche dell’amico Giorgio Gajer. «Il nostro capocordata Lorenzo, nonostante la tenacia, la caparbietà che lo ha sempre contraddistinto, soffrendo come non mai, non è riuscito a salire la difficile parete che da tempo cercava di raggiungere. Il vuoto che lascia è difficile da colmare, ma le tracce che ha impresso nel suo lungo percorso sono indelebili». Poi il ricordo di Gajer si fa più intimo e personale. «Nella vita é difficile incontrare persone che al solo contatto emanano una simile energia e positività. Eravamo amici da 40 anni, dalla naja fino a quando mi ha chiesto di entrare nella sua squadra dopo aver accettato la presidenza del Cnsas. Ho ricordi di battaglie e riunioni ma anche di momenti felici trascorsi assieme alle nostre famiglie in ferie». Toccato, nel profondo, anche il presidente delle guide alpine, Flavio Moroder: «Quando veniva in val Gardena si fermava a lungo, perché si sentiva uno della squadra. Per noi è sempre stato un’icona del soccorso. Era disponibile e positivo e sotto la sua guida il Cnsas è cresciuto tantissimo, al punto da aumentare il numero dei volontari e delle stazioni sul territorio. Soprattutto agli inizi della carriera è stato un bravo alpinista ed ha aperto nuove vie. L’ultima volta l’ho sentito poco prima di Natale e mi ha spiegato di non poter venire perché era impegnato a Milano. Ha tenuto duro fino all’ultimo, con un’energia e un carattere fuori dal comune». Ha avuto modo di apprezzarne la tenacia anche l’assessore provinciale Arnold Schuler. «Franchezza, precisione e professionalità sono solo alcune delle doti che hanno contraddistinto il lungo impegno di Zampatti nel soccorso alpino. La sua cura del dettaglio e la sua personalità hanno caratterizzato anche la gestione della sezione provinciale del corpo di soccorso. Perdiamo un partner affidabile, su cui si poteva contare a occhi chiusi e che abbiamo saputo apprezzare». Per Marco Biasioni, capostazione del Soccorso alpino di Bolzano, «Lorenzo è stato un oracolo, a cui mi rivolgevo nei momenti di sconforto». La morte di Zampatti ha provocato un vuoto incolmabile anche in seno a Cna. «Da oggi saremo tutti più soli anche sui monti», commenta il presidente degli artigiani Claudio Corrarati. Aveva avuto modo di apprezzarne le doti anche il direttore Pino Salvadori. «La sua è stata una vita spesa per la sicurezza della gente, in montagna e nei cantieri. Non è mai stato uno di tante parole e la grande discrezione è sempre stata uno dei suoi punti di forza».

Zampatti è morto nella sua casa di Aslago. E accanto a lui c’erano la moglie Paola, il figlio Daniele, il fratello Anselmo e la sorella Laura. Negli ultimi mesi è stato seguito dal dottor Bernardo e dall’infaticabile team infermieristico del distretto sanitario di Oltrisarco. Il funerale si terrà mercoledì alle 14 ad Aslago e la famiglia ha chiesto di devolvere eventuali offerte al soccorso alpino e speleologico. Proprio come avrebbe voluto Lorenzo.

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