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Asili aperti undici mesi l’anno, vertice con sindaci e scuola 

Economia, Alleanza per la famiglia e donne che lavorano premono sulla Provincia. Vettorato cauto: «In estate abbiamo già molti servizi». Contrari i sindacati: «Il modello trentino in Alto Adige è inapplicabile»



BOLZANO. Materne aperte undici mesi l’anno, sulla scorta del nuovo modello trentino che ha fatto da apripista a livello nazionale. L’economia e le famiglie altoatesine, specie quelle con madri che lavorano, premono da tempo. I sindacati sono contrari. La politica provinciale sta a metà del guado. Ma la conciliazione fra lavoro e figli, specie durante il periodo estivo, è un tema la cui centralità in Alto Adige nessuno ha il coraggio di negare, tanto che a giorni è previsto un vertice fra gli assessori provinciali Philipp Achammer (scuola) e Waltraud Deeg (famiglia) con scuole, sindaci e associazioni del territorio. Perché urge trovare soluzioni.

Il dibattito è caldo, specie nel mondo di lingua tedesca. L’Alleanza per la famiglia e WNet, la rete delle donne che lavorano, esercitano pressioni. Sul Sender Bozen si sono tenuti accesi dibattiti. Il sito del Dolomiten, stol.it, ha lanciato un sondaggio cui hanno partecipato migliaia di lettori, dal quale emerge che 7 su 10 ritengono ottima la soluzione trentina.

L’assessore si è più volte espresso pubblicamente, riconoscendo la necessità di dover trovare nuove strade, ma rimarcando anche che, a breve, la soluzione degli 11 mesi non sarebbe praticabile.

Il Wirtschaftrsring

«La mancanza di manodopera preoccupa tutte le aziende», chiarisce Federico Giudiceandrea, presidente di Economia Alto Adige. «In particolare quella femminile, che potrebbe essere attivata velocemente per alleviare il problema, se solo lavoro e famiglia fossero compatibili». Le donne, inoltre, «dovrebbero avere le stesse opportunità dei maschi».

Al momento, portare l’asilo a undici mesi, «come ha coraggiosamente fatto il Trentino, sarebbe la misura più semplice e rapida da adottare per sopperire alla mancanza di personale». Tutti «dovrebbero metterci la buona volontà. I vantaggi però ricadrebbero sull’intera comunità. Finora, negli incontri avuti con i responsabili degli asili e della scuola, abbiamo trovato comprensione. D’altra parte, negli asili nido il modello è già da tempo realtà».

L’assessore alla scuola

Cauto l’assessore alla scuola italiana Giuliano Vettorato: «In Alto Adige funzionano servizi che altrove non esistono. I periodi di vacanza sono coperti: natale, carnevale, estate. Associazioni e coop forniscono servizi per i ragazzi, dai 3 anni in su. C’è tutto un tessuto associativo, fatto di professionisti, molto importante anche dal punto di vista economico».

Sul prolungamento delle materne e sul miglioramento dell’offerta, «possiamo certamente fare delle valutazioni, ma non dimentichiamo che abbiamo tutti questi servizi, ramificati sull’intero territorio provinciale. Altrove, non si può contare su Estate bambini o Città dei ragazzi». E poi, «la questione sarebbe da affrontare anche dal punto di vista della contrattazione sindacale». Insomma, non facile da risolvere.

I sindacati

Il modello trentino? Non si può copiare e trasferire in Alto Adige. Lo spiega Cornelia Brugger, Cgil, che insegna alle materne di Gries.

Intanto, nelle scuole dell’infanzia a sud di Salorno, secondo il contratto nazionale, si lavora 25 ore a settimana, in Alto Adige sono 33, che poi in realtà, col coefficiente di 1,15 legato al fatto che si tratta di un lavoro pesante, da noi diventano 38. «In Trentino, per ogni sezione ci sono solo tre ore al giorno di compresenza, da noi non esiste che per 25 bambini ci siano meno di due insegnanti alla volta». In Trentino, poi, le materne non hanno mai fatto parte del calendario scolastico, come accade invece in Alto Adige. «Da sempre le scuole dell’infanzia giù sono aperte dal 1° settembre al 30 giugno». È stato più semplice aggiungere un mese in più. E poi a Trento non hanno il profilo delle cosiddette volanti: 8 a disposizione di ogni direzione didattica, che servono a tappare i buchi in caso di assenza delle colleghe. «Perché si deve garantire la qualità, alla quale i genitori sono abituati».

In Alto Adige, «tra ferie e 20 giorni di recupero psicofisico, si arriva a 1.640 ore l’anno, come qualsiasi altro dipendente pubblico. E l’estate viene usata per i corsi, obbligatori, di formazione».

Gli altri ostacoli

Queste le questioni sindacali. Ci sono poi altri problemi concreti. Semplicemente, prosegue Cornelia Brugger, «servirebbero più risorse, che non ci sono. Già oggi, siccome la formazione è la medesima ma le condizioni di lavoro diverse, alla fine del percorso di studi chi può sceglie le elementari, dove l’orario è su 22 ore». Non le materne. Succede anche a Trento: «A ottobre avevano già esaurito le graduatorie. Costretti a cercare il personale per strada». In Trentino poi, dove il servizio allungato era stato avviato durante la pandemia e poi è stato prorogato, fra le assistenti ora fioccano permessi, congedi non retribuiti, malattie. «Non ce la fanno a reggere». D’estate devono comunque prendere altro personale.

E poi, fra mancanza di aria condizionata e giardini con ombra, le strutture sono inadeguate. «A Trento il garante dell’infanzia si è espresso negativamente sul prolungamento. Anche i bambini hanno bisogno di staccare, cambiare, andare in vacanza, stare con la famiglia. Non si può tenerli assieme in 25, tutti i giorni, dalle 8 alle 18». I datori di lavoro, piuttosto, «potrebbero venire incontro, dare la possibilità al personale di rimanere a casa per un certo periodo, per stare coi figli». Non si dimentichi, conclude, «che nel settore privato e delle coop si sono sviluppate professionalità, creati posti di lavoro. Se i bimbi stessero sempre alla materna, non avrebbero più lavoro. A meno di non farli entrare nelle scuole. In tal caso non avremmo nulla in contrario». DA.PA.

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