Badanti, a casa con i nonni da sole e senza mascherine 

Settimane di grosse difficoltà. Recluse assieme agli assistiti, senza visite di figli e nipoti Tante a casa loro in ferie forzate. Per molte contratti terminati e nessun aiuto dall’ente pubblico


Davide Pasquali


BOLZANO. C’erano, ci sono, ci saranno, colonna portante della nostra società, pronte e bendisposte ad aiutare anche quando dagli ospedali di Bolzano e Bressanone nelle scorse settimane tanti anziani in parte autosufficienti sono stati dimessi per fare spazio all’emergenza Covid-19. Eppure, in pochi se ne rendono conto, ancora meno le aiutano. Sono le badanti, in queste settimane in difficoltà come non mai: recluse in casa con i nonni, 7 giorni su 7, 24 ore al giorno, senza dispositivi di protezione individuale; oppure in ferie forzate perché a seguire i genitori anziani ora sono i figli disoccupati; o a casa loro senza lavoro e senza contributi perché né lo Stato né la Provincia hanno mai voluto sanare, legiferare o contribuire. In Alto Adige si stima siano 6.500, di cui 350 seguite dall’Associazione generale cooperative italiane, con le coop Auxilia, Tages Senior e SilverCare, impegnate a Bolzano, Bressanone, Bassa e Oltradige.

Sintetizza il vicedirettore altoatesino Nicola Grosso: «Ci sono innanzitutto difficoltà nel reperire il materiale di protezione individuale. L’azienda sanitaria e la Provincia dovrebbero provvedere». Poi, c’è la paura di perdere il posto di lavoro. E per le badanti che lo hanno già perso, non esiste nessuna copertura. «L’ente pubblico dovrebbe prevedere ammortizzatori sociali anche a favore delle badanti in regola». C’è pure una evidente difficoltà negli spostamenti. «Le badanti sono relegate in casa e lontane dalle loro famiglie; vengono a mancare pure i contatti sociali tra loro, fra connazionali. In più, i familiari degli assistiti non vanno più a trovare gli anziani, perché ci sono di mezzo distanze e impedimenti vari». E, ovviamente, pure i nonni ne soffrono.

In particolar modo «le famiglie che hanno dei servizi a ore fanno difficoltà a portare avanti i contratti e rinunciano, mentre per quanto riguarda le assistenti che vivono presso le famiglie, queste hanno difficoltà a ritornare nei paesi di origine e analogamente fanno fatica a rientrare a casa».

Grosso prosegue: «Vorremo insistere sul ruolo svolto dalle cooperative che operano in questo particolare settore, evidenziando che da tempo ci esprimiamo a favore di un riconoscimento ufficiale del ruolo delle assistenti alla persona da parte dell’amministrazione provinciale, quale pilastro dell’assistenza domiciliare del nostro territorio». Agci ricorda che le stime dichiarano come operanti in Alto Adige circa 6.500 badanti, molte delle quali solo parzialmente in regola. «Questo rispetto delle regole e il coordinamento svolto dalla cooperazione sociale, proprio in un’emergenza quale quella attuale, dimostra tutta la sua forza e importanza; pensiamo solo al fatto che tutte le famiglie assistite e le badanti sono state informate e monitorate rispetto alle varie regole comportamentali da seguire». A proposito dei dispositivi di protezione individuale, l’Agci rende nota la propria istanza verso Provincia e Asl, «affinché anche alle badanti vengano distribuite mascherine e guanti per proteggere loro e le persone assistite, per evitare forme di contagio domestiche in situazioni di salute già deficitarie». È evidente «che le badanti e le famiglie coordinate dalle cooperative affrontino con meno difficoltà e meno dubbi le problematiche sollevate in questi giorni sui media da parte di altre organizzazioni, ricordando ad esempio che sono stati concordati con il Commissariato del Governo gli spostamenti delle badanti per garantire l’assistenza, sono stati gestiti in accordo coi sindacati i casi delle badanti lasciate a casa dalle famiglie in questo periodo, consigliando la fruizione delle ferie e insistendo con la Provincia per la previsione di un ammortizzatore sociale anche a favore delle badanti in regola, attualmente escluse dal recente accordo fra Provincia e parti sociali, in quanto lavoratrici assimilate ai subordinati». Pur ancora senza un riconoscimento ufficiale da parte dell'amministrazione provinciale, conclude Grosso, «le cooperative sono in prima linea per garantire un servizio di assistenza primario dei nostri cari, spesso soli nelle loro abitazioni, privati del conforto dei propri parenti ai quali oggi viene sconsigliata la visita presso il loro domicilio». In questi giorni, nonostante i timori legati al particolare momento, «le richieste d’intervento hanno spinto responsabilmente coordinatori e badanti a dare concrete risposte al territorio, istituendo a fronte di una domanda cagionata da un bisogno di posti letto nelle strutture ospedaliere, nuova assistenza domiciliare. Lo hanno fatto senza indugio, nella consapevolezza dell'importanza del servizio e nella convinzione che la tutela delle persone più deboli sia la priorità».













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