L'intervista

Benetello: «La situazione è insostenibile Peggio che durante il Covid» 

Parla il direttore di Confesercenti. Svendite sottotono e assai al di sotto delle aspettative. Ci si attendeva una primavera-estate di ripresa per ripianare i debiti. «I costi sono fuori controllo. Dura per i ristoranti, durissima per gli hotel»



BOLZANO. L’onda lunga del Covid già avrebbe comportato un grande impegno per tentare di risollevarsi in questi primi mesi del 2022, ma ora i rincari dell’energia e la guerra in Ucraina stanno mettendo in fortissima difficoltà il mondo dell’economia. Non lo nasconde il direttore di Confesercenti, Mirco Benetello.

«Al netto del fatto che i mesi di gennaio e febbraio per la nostra città turisticamente pesano relativamente, perché la stagione vera parte da marzo in poi, con la Pasqua e la bella stagione, nei primi due mesi hanno avuto forti ripercussioni le quarantene, che hanno ridotto in maniera sensibile il numero di persone per strada, nei negozi e nei locali pubblici».

E già così il quadro sarebbe stato decisamente completo.

«A gennaio e febbraio le persone erano chiuse in casa, non solo in quarantena. Capiamoci: se metà degli amici è chiusa a casa anche tu non hai motivo di uscire. C’è stato un condizionamento generale legato al martellamento continuo sul Covid, che ha inciso molto. Perché la sera non escono solo i ventenni: oggi non c’è più un’età esclusa dalla vita sociale. Ma se i tuoi figli sono in quarantena, non esci nemmeno tu. Anche se non formalmente, il tutto è stato avvertito come un sostanziale lockdown. Si riteneva di essere in coda di uscita ma pur sempre in pandemia. La vita sociale inevitabilmente ne ha risentito. Ovvio che poi, ora, ci sarebbe stato bisogno di recuperare normalità. Invece siamo passati direttamente ad una situazione peggiore».

Hanno pesato anche i saldi?

«Per quanto riguarda il commercio, abbiamo avuto una stagione di svendite invernali fortemente sottotono, sotto le aspettative. Tenuto contro dei mesi di chiusura, tutto sommato il 2021 era stato non buono ma accettabile, sarebbe potuto andare anche peggio. Si sperava di migliorare, le attese erano tutt’altre. E invece... Le svendite sottotono, specie quelle invernali, incidono molto sui bilanci delle aziende. Il loro valore ha un peso significativo sull’andamento dell’anno».

Come non bastasse, poi sono arrivati i rincari e ora la guerra.

«Da un lato c’è il tema dell’aumento generale dei costi dell’energia: luce, gas e carburante. Luce e gas non impattano allo stesso modo sul maggior costo delle aziende. Come a casa: se fare da mangiare mi costa 2,5 volte rispetto a prima, questo vale anche per i ristoranti. La scelta per più di qualcuno è se rimanere aperti. Come accade ora a certe cartiere: chiudono perché i prezzi di produzione sono superiori ai guadagni. In altri settori i rincari ci sono ma incidono meno. Per un negozio si parla di un qualche cento euro in più, per gli alberghi sono migliaia o più. Sono costi ormai fuori controllo. A incidere sono anche le spese per la distribuzione delle merci. Nell’ultimo anno il gasolio è rincarato del 25%. Si tratta di maggiori costi che dovranno essere assorbiti da tutti noi. Da chi produce la merce a chi la acquista, da chi fornisce servizi a chi ne usufruisce. L’altro aspetto è il rincaro delle materie prime - costa di più produrle - e ora cominciano pure a scarseggiare».

Ci faccia qualche esempio

«Dall’Ucraina, per esempio, arriva molto grano. E l’olio per frittura in grandissima parte è di produzione ucraina».

Insomma, l’acquisto delle materie prime pesa tantissimo, e si temono ulteriori rincari. Lei cosa si aspetta per la primavera?

«In questo momento non voglio fare previsioni, vivo alla giornata. Siamo già carichi di ansie, non voglio aggiungerne altre. Purtroppo nessuno di noi ha possibilità di incidere sulle varianti in campo. Cosa può fare il singolo ristoratore o il singolo barista? Attendiamo quali decisioni si prenderanno ad alti livelli. In altri momenti al limite si sarebbe potuto magari invocare l’aiuto della Provincia, ma ora non ha senso».

Psicologicamente, per gli esercenti, è un momento duro.

«Abbiamo iniziato l’anno guardando alla soluzione che sarebbe arrivata in primavera ed estate. Ci si attendeva un momento di leggerezza. Poi è cambiato tutto di nuovo. E i problemi sono più grossi di quelli di prima. Chiudere non puoi, tenere aperto rischia di diventare insostenibile. Ulteriori impegni economici per non chiudere, quando si sarebbe dovuto iniziare a ripianare le perdite dovute alla pandemia. Bisogna stare attenti a non perdere ancora. Col Covid pensavamo di essere in guerra, ora cominciamo a capire cosa sia davvero la guerra».

Quali le categorie più colpite?

«Si devono fare dei distinguo. I nostri ambulanti per esempio viaggiano su tratte dal chilometraggio piuttosto ridotto, nell’arco dell’anno non è troppo elevato. E non hanno costi fissi per elettricità o gas. Peggio va per bar o ristoranti: si pensi a una pizzeria al taglio coi forni elettrici. Andrà ancora peggio a chi ha da gestire grossi impianti. Si considerino i costi per far funzionare piscine e saune. O alle imprese che non possono interrompere la produzione. C’è poi un altro settore mai considerato: il mondo dello sport, dell’intrattenimento: piscine, campi da calcio, spa. Li diamo per scontati, ma saranno i più penalizzati. In un negozio l’aumento in bolletta non fa contento nessuno; se passi da 300 a 500 euro fa male. Ma si pensi a una pizzeria, dove magari i rincari sono migliaia di euro al mese. Mi aspetto che ci sia una presa di coscienza agli alti livelli, ma lo sanno già: così è insostenibile. Il problema è talmente gigantesco che anche dire così mi sembra riduttivo». DA.PA.













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