Bolognini: toponimi, quella norma è uno strappo palese

L’ex assessore: «Statuto scavalcato, precedente pericoloso» L’accusa: «È come un “Tolomei” ma alla rovescia»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Tra i mattoni posati per costruire l’autonomia speciale, diversi portano la firma di Giancarlo Bolognini. Ha ricevuto molto dalla politica (sinistra Dc), cui ha pagato un prezzo di immagine, quando «costruire» veniva letto da una parte come «svendere» il gruppo italiano. Il sindaco «storico» di Bolzano e assessore provinciale è stato componente della Commissione dei 6 e dei 12 dal 1994 al 2004. Ha voglia di parlare della norma di attuazione sulla toponomastica, frutto dell’accordo di Svp e Pd, che sta mobilitando una forte corrente contraria, che va dal centrodestra a una fetta importante di area progressista.

Cosa pensa di questa norma di attuazione, che passa dal bilinguismo “perfetto” dello Statuto al concetto dell’uso? Può mettere fine a decenni di tensioni?

«Mah, decenni di tensioni... È vero che è un tema aperto dall’inizio, ma si è manifestato in modo così intenso solo negli ultimi anni. La Svp ha iniziato a farne una materia di pressione più vigorosa, per tacere della destra tedesca. I decreti di Tolomei non rappresentano per me la radice per consolidare il mio percorso di identità come abitante di questa provincia. Per i cittadini di lingua tedesca i decreti i decreti furono una violenza pesantissima, su cui è giusto operare per sanare un passato, che evidentemente stenta a passare».

L’autonomia non ha questa funzione?

«Appunto. Lo Statuto nacque proprio per costruire relazioni capaci di una convivenza serena. E in fatto di toponomastica lo Statuto non lascia margini di incertezza. Si parla di uso paritario delle due lingue, con la Provincia tenuta a ufficializzare la toponomastica in lingua tedesca. Passaggio mai realizzato, mentre il Trentino l’ha fatto, per la toponomastica nell’area mochena».

Adesso arriva la norma di attuazione.

«Ho cercato di capire. Mi sembra che la Commissione dei Sei abbia prodotto un bello sforzo per trovare una soluzione. Interessante la soluzione dei voto a doppia maggioranza degli esperti italiani e di lingua tedesca sui nomi. Ma...».

Iniziano i ma.

«La norma dà la sensazione netta di una forzatura sullo Statuto. La norma poggia sul principio dell’accertamento dell’uso per validare la toponomastica italiana e tedesca. Come detto, la toponomastica tedesca finora non è mai esistita, ma arriviamo ad avere una norma che dà come unica esistente a priori tutta la toponomastica tedesca, mentre quella italiana si considera a macchia di leopardo, c’è un po’ qui e un po’ là. Peccato che ci siano 8 mila toponimi italiani resi ufficiali dai decreti. Che ci sia una forzatura giuridica è pacifico. C’è qualcosa che mi preoccupa ancora di più ed è l’elenco di nomi che verrà allegato alla norma di attuazione. Li ho guardati bene, è manifesto lo stravolgimento giuridico rispetto allo Statuto. La lista dà come fisso il nome in tedesco e di tanto in tanto lo affianca a un nome italiano. Non mi stupisco che si parli di impugnazione. Si adotta, a parti invertite, il sistema di Tolomei. Agli entusiasti della norma di attuazione dico: state firmando un precedente pericoloso. Il governo invade con un proprio decreto legislativo (la norma promulgata) il terreno del consiglio provinciale, cui spetta il potere legislativo in tema di toponomastica».

Il Consiglio dovrà votare una propria legge, che affianchi la norma di attuazione, e i pacchetti di nomi proposti dal comitato di esperti.

«Ma l’architrave giuridico è fissato dalla norma di attuazione, che interviene sullo Statuto di autonomia. Lì sta il precedente pericoloso. Come ex componente so per esperienza che la commissione può riservare sorprese, nella composizione e negli atti. Questa volta dà una robusta mano alla Svp per uscire senza troppa fatica dal problema toponomastica, ma certe forzature, se apri la porta, possono diventare un boomerang. In linea di principio non sarei contrario neppure a decidere la quantità di nomi necessari perché il gruppo italiano si senta a casa, ma la regia spetta al consiglio provinciale, attraverso gli esperti, non al governo con invasione di campo».

Il governo è in grande sintonia. Il sottosegretario Bressa il giorno della seduta aveva inviato una nota ai componenti governativi consigliando di approvare la norma.

«La commissione paritetica prevede tre componenti di lingua italiana e tre di lingua tedesca. Nell’ultima tornata di nomine si è rinunciato a un commissario italiano di nomina governativa, per fare posto a un ladino della Svp. Fatta la prima clamorosa forzatura, seguono a pioggia le altre sul rapporto Stato-Provincia, Bolzano-Roma. Il Pd si dichiara soddisfatto. Secondo me, essere autonomisti significa fare crescere le responsabilità reciproche, non utilizzare le risorse di potere per garantire l’esistenza di maggioranze».

Il sistema garantisce se stesso?

«Sì, ma domani? La Svp, sotto attacco delle destre, usa i successi romani per il proprio consenso. Il suo alleato siede al tavolo. Ma in questo modo non si cresce, non si garantisce la qualità della convivenza e neppure si è all’altezza dei cambiamenti. Un solo esempio, l’arrivo dei migranti».

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