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Bolzano, l’Areale diventa spazio culturale temporaneo 

Per la riapertura dell’area abbandonata al lavoro Fondazione dell’Ordine degli architetti, Comune, Unibz, Eurac, Vke ma anche i ragazzi di Fridays for future. L’architetto Molon: «Una rete cittadina per ripensare come utilizzare l’area»


Paolo Campostrini


BOLZANO. L'Areale riaperto? «Non va riempito. Questo enorme spazio è giusto che resti libero». E perché? «Bolzano è già troppo fitta. È stata organizzata in ogni suo millimetro quadro. In altre città luoghi così sono lasciati “a disposizione”. Ed è così che accadrà...» Tutto questo ha un nome: uso temporaneo di spazi inutilizzati. Si aprono, si riqualificano, si mettono in sicurezza, li si dota di quel minimo di strutture per attirare eventi e poi basta.

Restano spazi “in attesa”. Ma tremendamente fruibili. Perché mantengono libera la possibile creatività dei cittadini e dei gruppi. E chissà mai se Bolzano, così stretta e soffocata, non ne aveva bisogno. Chi se ne sta occupando è Marco Molon, architetto di Las (Architettura del paesaggio Alto Adige), che raduna i paesaggisti altoatesini. Ed è consigliere dell’Ordine.

Intorno a lui, oltre al Comune e in particolare Chiara Rabini, sono stati chiamati già in molti: il Vke, Unibz, che sta ripulendo da ieri i primi luoghi di biodiversità tra i binari, la Fondazione dell'ordine degli architetti, i giovani di Fridays for Future, l'Eurac, la galleria Lungomare e tanti altri sono in arrivo.

Per rendere l’Areale, fino a quando (10, 15 anni, di più?) avrà la sua riqualificazione immobiliare, un “diritto della città”. Intanto, via dal cemento prossimo venturo, almeno una fetta di questa vasta area prova a ritagliarsi una nuova vita.

Come avete iniziato a pensarci, all'Areale da far rivivere?

Tutto è iniziato con Andreas Kipar...

Il paesaggista milanese che ha curato il piano del verde bolzanino?

Lui. Noi, come gruppo di paesaggisti, lo abbiamo affiancato per conoscenza territoriale. Ebbene, mentre tracciava il nuovo percorso verde da Sant’Osvaldo al Colle si è trovato, in mappa, questo enorme ostacolo. Ci ha chiesto cos’era.

E voi?

Gli abbiamo spiegato l’Areale e i suoi progetti. Lui ha risposto: e permettete che tutto questo ben di Dio, tra spazi e verde, resti fermo per i prossimi decenni? In effetti aggiungendo i vent'anni nel corso del quale è stato inutilizzato sono un'enormità.

A quel punto cosa è accaduto?

Che si è pensato all'esperienza di altre città con luoghi simili ed è emerso il progetto informale di farne luogo da uso temporaneo. Ma lasciando lo spazio verde non infittito da elementi fissi o programmazioni altrettanto poco flessibili.

Partendo da cosa?

Dal fatto che i bolzanini neppure sanno che esiste. Vedono un muro e passano via. Non immaginano quanto spazio e quanto verde si sia formato nel frattempo. In una città con una così grave carenza di parchi, di biodiversità e così tanto costruita da rendere preziosissimo ogni centimetro, questo ci è apparso subito come un tesoro.

Perché non progettare subito spazi fruibili e un calendario di eventi?

Per preservarne il carattere. E offrire a Bolzano una esperienza unica. Non solo in termini paesaggistici o culturali ma proprio sociali. Di uso collettivo. Lasciando in sostanza liberi cittadini e gruppi di decidere di volta in volta, naturalmente concordandola, la destinazione possibile di un lotto o di un giorno. La progettazione sarà uno spazio libero da riempire ogni volta.

Ci sono anche i ragazzi di Fridays for Future...

Ecco, questo mi da lo spunto per dire una cosa a cui tengo molto. Noi vogliamo sempre pensare a come riempire spazi e menti ma i giovani non hanno bisogno di niente. Hanno altre teste. Qui troveranno uno spazio aperto e decideranno in libertà cosa farne. È una cosa straordinaria a pensarci bene...

Quando si inizia?

Si è già iniziato. Unibz farà una prima relazione dopo il loro sopralluogo. Poi chiameremo altri soggetti interessati. Si costituirà una rete, un pensatoio non troppo formale in cui ognuno proverà a mettere in circolo idee. Kipar ci ha detto, una volta capito cosa c’era lì: “Vi prego, fate qualcosa! Non lasciate inutilizzato tutto quello spazio”. Lo abbiamo fatto.













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