il caso

Bolzano: mancato ricovero dell’anziana, assolto l’operatore di centrale del 112

Era accusato di aver causato indirettamente la morte di una bolzanina di 76 anni. Cancellata la condanna di primo grado, confermati i sei mesi di reclusione all’altro imputato



BOLZANO. «Per il mio assistito è la fine di un incubo e il riconoscimento della sua estraneità alle accuse che gli erano state mosse in questi anni». A parlare è l’avvocato Mauro de Pascalis, difensore di un centralinista del 112 (ex 118) che, insieme, al capo equipaggio di un’ambulanza della Croce Rossa in primo grado, nell’ottobre dello scorso anno, era stato condannato a quattro mesi per il reato di omicidio colposo in concorso.

Sei mesi di reclusione, invece, era stata la pena per l’ambulanziere.

Ora, in appello, l’operatore della centrale è stato sollevato da ogni responsabilità e assolto. Confermata, invece, la pena per l’altro imputato.

I fatti risalgono al 2016 quando, dopo aver sentito il medico di famiglia, i famigliari di una donna di 76 anni chiamarono il centralino del 118 per quella che si rivelò essere un’emorragia intestinale.

La centrale inviò a casa dell’anziana bolzanina un’ambulanza in «codice giallo», priva di personalmente medico a bordo, ritenendo che non vi fosse un imminente per la donna. In effetti la donna non era in evidente pericolo di vita, ma la situazione non sarebbe stata adeguatamente illustrata al personale di soccorso intervenuto in ambulanza.

Secondo l’accusa, i due imputati non avrebbero valutato i rischi della situazione, decidendo di non trasportare in ospedale l’anziana che, il giorno successivo, morì a casa.

«In un primo momento - spiega l’avvocato de Pascalis – era stato contestato all’operatore della centrale del 118 di non aver dato un codice diverso dal “codice giallo”, poi, nel corso del processo di primo grado, è emerso che il codice giallo era corretto. C’era comunque stata una condanna, però, perché secondo i giudici di primo grado avrebbe dovuto fare un controllo anche sull’operato dell’equipaggio e avrebbe dovuto imporre il ricovero di questa signora. Io ho sempre sostenuto che questo obbligo non c’era, che non esiste a livello giuridico, che non c’e una norma di garanzia rispetto a questo posizione perché nel nostro ordinamento, nei reati colposi, deve esserci un comportamento individuabile a priori, non ex post. I giudici della Corte d’appello hanno accolto la mia tesi giuridica, perché i fatti non vengono contestati visto che la signora, purtroppo, è deceduta».













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