l’incidente

Bolzano, parla Annalena Desaler: «Sono ancora sotto shock, è dura ricominciare a vivere»

La giovane di 22 anni, coinvolta nel tragico schianto di ponte Resia dove è morto Mirsian, il suo ragazzo


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Tre volte alla settimana va a fare fisioterapia: scapola e clavicola le danno ancora problemi, ma piano piano Annalena Desaler, 22 anni di Terlano, vittima del tragico incidente in moto avvenuto il 21 settembre a ponte Resia, sta tornando alla vita.

Quel pomeriggio, quando è arrivata al pronto soccorso dell’ospedale San Maurizio, le sue condizioni erano disperate: il bollettino medico parlava di politrauma. Ha perso la milza e il rene sinistro, oltre ad aver riportato lesioni ad un polmone e alle vertebre.

Ma se le ferite fisiche si stanno lentamente rimarginando, i ricordi fanno ancora male: in quel maledetto schianto ha perso Mirsian Nergjoni, il suo ragazzo che era alla guida della Kawasaki Ninja finita di schianto contro una betoniera che svoltava verso via Lungo Isarco Destro.

Il volto pallido, gli occhi rossi raccontano più di tante parole quando la incontriamo assieme al padre Hansjörg nello studio dell’avvocato Alessandro Osler, legale della famiglia nell’inchiesta sull’incidente.

Lei non lo dice, ma si capisce: il pensiero torna sempre a quel pomeriggio in cui Mirsian era andato a prenderla nella sua casa di Terlano.

«Dovevamo andare in palestra, come tutti gli altri pomeriggi».

Poi c’è un buco nero: il terribile schianto in moto in via Resia, all’altezza di via Lungo Isarco Destro, ha cancellato tutto. Tranne ovviamente il ricordo di Mirsian, il coetaneo di origine albanese, appassionato di boxe e motori, che dopo la morte della madre si era preso cura della sorellina (il padre abita in Albania, ndr) e si guadagnava da vivere lavorando come corriere espresso per la Sda.

Entrambi belli, entrambi giovani condividevano passioni e sogni.

Annalena è tornata a ponte Resia, per buttar via i vecchi lumini e accenderne di nuovi, ma forse anche per cercare un perché. Una spiegazione però è difficile da trovare quando la vittima è un giovane poco più che ventenne.

Accanto a lei oltre ai tanti amici, i genitori e la sorella che l’aiutano a ricominciare.

Il padre è fiducioso: «Mia figlia è una tosta, ce la farà. Ci vuole solo tempo».

Ad Hansjörg Desaler, molto conosciuto a Bolzano e nell’Oltradige per il suo lavoro di rappresentante di abbigliamento e dirigente del Basket Club Bolzano, non sembra vero che sua figlia sia viva e, a livello fisico, si sia ripresa più velocemente del previsto.

«Quel giorno quando i carabinieri di Terlano mi hanno chiamato - racconta - ho pensato al peggio. E ho maledetto le moto, belle e irresistibili. Lo so perfettamente perché in passato ne ho avute tre: tutte Kawasaki come Mirsian. Un giorno uno mi ha tagliato la strada in via Druso e sono finito a terra, fortunatamente me la sono cavata con poco. E ho continuato ad andare fino al giorno in cui, sulla strada tra Bolzano e Terlano, ho dato un’accelerata e in un attimo ero a 150 all’ora. Mi sono reso conto in quel momento della velocità e dei rischi. Ho capito che era arrivato il momento di chiudere con quel tipo di emozioni. Troppo pericoloso».

Annalena ha gli occhi lucidi e ascolta in silenzio quel padre che è un torrente in piena davanti alla rinascita della sua “bimba più grande.

«Quella sera, dopo aver parlato con i medici, ho pensato veramente che non ce la facesse. Troppo gravi le ferite riportate nello schianto. L’intervento è durato ore: io mi sono commosso vedendo tutti quei ragazzi che erano arrivati in ospedale appena saputo di Annalena e Mirsian. L’operazione, molto complessa, è riuscita, però i medici ci hanno detto che bisognava aspettare minimo 24 ore prima di sciogliere la prognosi, che sono diventate 48. Ma sa quante volte ho sentito di ragazzi, finiti in rianimazione dopo un incidente, e morti sette-dieci anche quindici giorni dopo. Questo pensiero ha tormentato me e mia moglie, fino a quando mia figlia non è stata trasferita in reparto. E abbiamo capito che il peggio era ormai alle spalle. Adesso ha bisogno di ritrovare la serenità perduta. La vera cura in questi casi è una sola: il tempo che non cancella ma rende meno doloroso il ricordo. A febbraio, quando si sarà definitivamente ripresa, voglio che andiamo tutti assieme in vacanza a Fuerteventura».

Annalena annuisce e sul bel viso compare un sorriso.













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