C'era una volta il Markee

Quei magnifici anni Ottanta, firmati Favretto-Gennari


Paolo Cagnan


BOLZANO. Che brutta fine hai fatto, caro vecchio Markee. Gli anni Ottanta non saranno stati mitici (anche se ormai, a parole si mitizza tutto...) ma ad una Bolzano sonnolenta e amorfa avevi saputo regalare due lustri di divertimento bipartisan, tra pianobar e discomusic. Ora che il Mirò andrà all'asta, ripercorrere la storia del «locale più bello dell'intero Triveneto» - definizione di molti addetti ai lavori - è quasi un obbligo morale: verso chi quel progetto l'ha buttato a mare, ma anche verso una città dificile, che non sempre valorizza quel che ha, preferendo piangersi addosso su quel che non ha.

L'INTUIZIONE. Il Markee dining club pianobar discoteca (così si leggeva sui flyer dell'epoca) apre le porte nel 1980. I proprietari sono Rudy Favretto e Giuliano Gennari, due imprenditori che, trascorsi un paio di mesi in giro per locali a Londra, ritornano a Bolzano decisi ad aprire un locale in centro e s'imbattono nell'ingegner Giorgio Brida, futuro presidente dell'Assindustriali. Il quale ha un'enorme cantina proprio sotto le Poste di piazza Domenicani. Anzi, un reticolo di cantine. Messe male, abbandonate, muffa e ragnatele. Ma anche splendidi muri di pietra a vista: muri medioevali, ma di questo ci occuperemo più avanti.

«Era messo male - racconta Favretto - ma abbiamo subito colto le enormi potenzialità di quel posto. I soldi erano pochi, l'entusiasmo molto. Era il 1979. Sapevamo che lì c'era un lazzareto, temevamo saltassero fuori cadaveri. Abbiamo dovuto fare tutto, dico tutto. Impianti idraulici ed elettrici, aerazione, uscite di sicurezza...»

LA NASCITA. Apre nel 1980, il Markee. In piazza Domenicani si circola regolarmente, la sera le auto sono parcheggiate attorno alle aiuole spartitraffico e i vigili bastonano, specie nei weekend. Sin dall'inizio, il locale diversifica i suoi due livelli: su quello superiore, più piccolo, nasce un ristorante con pianobar; su quello inferiore, la discoteca vera e propria. «Il ristorante - ricorda Favretto - non andava granché e l'abbiamo chiuso dopo sei mesi. Il pianobar, al contrario, è stato la nostra forza. Ancor più della discoteca. Cambiavamo artisti ogni mese, i clienti venivano da tutta la provincia».

E la discoteca? Beh, sono gli anni Ottanta: tutto quello che è venuto dopo, ha in qualche modo ripreso i refrain e i giri di basso di quegli anni. Erano altri tempi anche nel modo di divertirsi. Meno risse, meno ubriachi, meno droga. E 6-700 presenze al venerdì e sabato sera. La security era un qualcosa di sconosciuto, le pasticche dovevano ancora inventarsele e gli orari erano ben diversi. Certo, non si entrava al Markee alle due di notte, dopo aver fatto il giro dei pub.

IL PRIMO CAMBIO. Dieci anni così, poi subentra la stanchezza. Dei gestori, forse anche un po' della città. «Aprivamo sette giorni su sette, andavamo a dormire alle cinque di mattina tutti i giorni», racconta Favretto. Subentra Florian Waldthaler, che all'epoca gestisce già il Caffè Latino di via Marconi. Non crede, Waldthaler, nell'effetto traino. E cambia tutto.

Il nome, innanzitutto. «Markee» era la volontaria storpiatura del celebre «Marquee» di Londra. Ora tocca al Phoenix. Cambia anche l'arredamento: ferro, acciaio. Dura un paio d'anni, il Phoenix. Poi arriva il terzo cambio: ecco il Mirò. Che per un po' sembra resuscitare i fasti del Markee: bella musica, bella gente. Ma non sempre. E in discoteca ormai si fanno un paio di serate, dal lunedì al giovedì è dura stanare i bolzanini. Tiene così sino al 2000, il clou sempre la vigilia di Natale. Dopo il Mirò, un lento ma inesorabile declino. Feste private con i locali in affitto, qualche serata a tema, qualche tentativo di vario genere, compreso un ristorante etnico al piano superiore.

Un gran peccato, dicono tutti. Poche città hanno una discoteca in pieno centro, e di questa bellezza. Ma nessuno se la sente di (ri)provarci. E' così, che si arriva al triste «oggi» di un pignoramento per debiti, e chissà se qualcuno opserà acquistare i muri per quasi un milione di euro per lanciarsi in una nuova scommessa. E un nuovo nome, ovviamente. Magari, New Markee...

IL LAZZARETO. Tre discoteche nel giro di trent'anni: niente, rispetto alla storia gloriosa di quei muri di pietre a vista. Pensare che la prima citazione scritta è del 1202. E non è affatto vero, come molti credono, che lì vi fosse un lazzareto. «Erano le cantine dell'Ospedale di Santo Spirito - spiega Helmuth Rizzolli, grande conoscitore della storia cittadina - e probabilmente sono state le più vaste di tutto il Tirolo storico».

Torniamo al Medioevo, allora. Bolzano crocevia di scambi e commerci, di fiere e baratti. L'Ospedale di Santo Spirito (da qui, forse, nasce l'equivoco) non era affatto un nosocomio, ma un'istituzione benefica. Sorgeva su un vastissimo complesso che andava dall'attuale Duomo ai Domenicani. Per secoli, lo Heilig-Spital si è occupato dei reietti: mendicanti, orfani, lebbrosi (per questi c'era un ospedale sotto il Virgolo), malati di mente. La mortalità era altissima, i poveri affluivano da ogni dove.

LA MAXI CANTINA. I mezzi per sostenerli, curarli o dare loro da mangiare provenivano dai beni dell'Ospedale, che possedeva numerosi vigneti in tutta la conca di Bolzano e anche oltre, e riscuoteva - siamo nel Medioevo - i proventi dei masi limitrofi: era il «censo del vino», e i contadini cedevano la decima, un quarto o persino metà dei propri proventi all'istituzione. Tanto vino e un problema serio: dove immagazzinarlo, prima di rivenderlo ai commercianti che venivano da fuori?

«Istituzioni come l'Ospedale dello Santo Spirito - spiega sempre Rizzolli - non ricevevano sovvenzioni pubbliche, ma ricavavano i propri introiti dalla ricca dotazione di beni. Tra i benefattori figuravano anche nobili famiglie dell'epoca, come quella dei Vintler. Il commercio del vino era floridissimo, all'epoca. E i vigneti erano ovunque. Il complesso medioevale scomparve quando l'impero austroungarico decise di abbatterlo. E di costruirvi, al suo posto, l'edificio delle Poste, nella seconda metà dell'Ottocento». Le cantine dell'ex Markee sono sotto tutela, nessuno potrebbe sognarsi d'intonacare le mura medioevali. Ma di farci un nuovo locale, sì...

© RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità