Camera con vista sul... palazzo

Il caso Villa Mathilda: i vicini criticano il costruire sul costruito. «Abbiamo perso sole, luce e privacy»


di Davide Pasquali


BOLZANO. «Ci hanno tolto la luce, il sole e soprattutto la nostra privacy». Per non parlare del crollo del valore economico dell’appartamento, comprato con i sudati risparmi di una vita. Al di là di carte, autorizzazioni concesse e successive retromarce, tribunali amministrativi e non, assessori commissari straordinari commissioni comunali e provinciali pm giudici periti avvocati ricorsi e sentenze, qualcosa che non quadra c’è sicuramente e risulta piuttosto semplice da comprendere. È sufficiente farsi una visita al civico 7 di via Virgilio, meglio in un assolato primo pomeriggio, entrare in uno dei salotti esposti a meridione e guardare fuori dalla finestra. Il sole? Macché. La luce? Macché. La vista sui bei dintorni? Macché. Di fronte, si vede solo un palazzo, che occlude completamente la vista. Solo sette metri, la distanza fra i balconi del preesistente condominio Virgilio e la neo costruita villa Mathilda. Un tempo, dal secondo piano del condominio si era praticamente all’altezza del tetto di villa Watschinger, abbattuta per far posto alla Mathilda. E tutto attorno stava il giardino. Era piacevole, starsene fuori sul balcone a prendere il sole, a leggere il giornale. Giornale che si leggeva benissimo anche in salotto, pure in inverno, senza dover accendere la luce. Che invece ora è necessaria. Prima solo tre piani più soffittina. Adesso, sono sei piani.

Il nuovo edificio non rispetta le norme, hanno sostenuto i vicini in più sedi, ritenendosi forti di una sentenza della corte costituzionale che dovrebbe valere urbi et orbi: fra un edificio e un altro devono esserci almeno 10 metri di distanza. E i balconi, a rigor di logica, dovrebbero fare parte della costruzione. Ma alla fin fine, hanno dato loro torto. I balconi, in sostanza, avrebbero potuto costruirli anche più profondi di così. Sono un metro e mezzo? Avrebbero potuto essere terrazze a sbalzo di 4 o 5 metri. E allora, ci si sarebbe potuti quasi dare la mano, fra un balcone e l’altro. Al momento si sta meditando se presentare un ulteriore ricorso, chiedendo l’abbattimento della palazzina, ma si rischia di dover aspettare vent’anni, per una sentenza. E l’età dei vicini è quella che è. Il loro, al di là del caso specifico sul quale si sono già espressi i giudici amministrativi, è soprattutto un atto d’accusa alla teoria del costruire sul costruito. Ovvio, che in una città dove mancano i terreni si punti alle demoricostruzioni. Ovvio che i costruttori cerchino di sfruttare al massimo i bonus cubatura per le riqualificazioni energetiche, rientrando così nelle ingenti spese per l’acquisto della casa da demoricostruire. Ma i vicini? Qualcuno ci ha pensato? Qualcuno ha intenzione di regolamentare per permettere ai costruttori di costruire e ai vicini di veder tutelati i loro sacrosanti diritti? «Se solo uno dei membri delle commissioni edilizie, se solo uno dei tecnici e avvocati che hanno avuto una parte nella questione, se solo i progettisti avessero fatto visita a uno dei salotti del condominio Virgilio, se costoro avessero avuto una casa in via Virgilio, villa Watschinger sarebbe ancora in piedi e la Mathilda non sarebbe mai sorta».













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