Caro tariffe, negli asili nido le prime rinunce

La dirigente: «Se ad aprile ci saranno altre defezioni potremmo chiudere una classe». Le coop: «Temiamo diversi ritiri»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Non sono tardate ad arrivare le prime rinunce negli asili nido a seguito degli aumenti decisi dal Comune di Bolzano, costretto ad adeguare le tariffe ad anno in corso (dal primo gennaio) per i cambiamenti introdotti dalla Provincia in tutta fretta alla vigilia delle elezioni.

«Per adesso siamo in presenza solo dei primi casi - spiega la dirigente Licia Manzardo - anche perché molte famiglie non hanno avuto il tempo materiale per pensare a soluzioni alternative, ma il problema esiste». Solo nel capoluogo per una quarantina di coppie oltre al danno (l’aumento della tariffa) c’è stata anche la beffa, perché oltre a dover pagare di più sono state costrette a rinunciare all’assegno familiare perché non hanno maturato il requisito dei cinque anni di residenza. E questo fa pensare ad una serie di defezioni a catena alla fine dell’anno scolastico.

A Bolzano, attualmente, ci sono dieci strutture, e mentre quelle del Centro (viale Venezia, via Gaismair ecc.) sono tutte esaurite, nella zona di Don Bosco ci sono alcuni posti liberi in via Parma, in via Milano e in via Genova. Se ad aprile, quando i genitori dovranno formalizzare le iscrizioni per l’anno 2014/2015, dovessero esserci ulteriori defezioni si potrebbe arrivare anche alla chiusura di una classe. «Noi stiamo monitorando la situazione giorno per giorno - sottolinea la dottoressa Manzardo - ma è chiaro che solo in primavera avremo i numeri sotto mano e dovremo pensare anche alla pianificazione» . Non è un caso che i contratti del personale a termine siano stati prolungati solo fino al 31 agosto. «Non possiamo permetterci - sottolinea la Manzardo - di avere sezioni sotto-occupate».

Un altro problema parallelo è quello delle microstrutture, gestite dalle cooperative, per le quali Bolzano e Merano fino al 31 dicembre avevano un tetto massimo mensile. Nel caso del capoluogo si trattava di 406 euro e 50 centesimi. Ora non esiste più. «Ciò significa che le famiglie che hanno più bisogno del servizio, ovvero quelle in cui entrambi i genitori lavorano, saranno penalizzate. Dovranno ridurre le ore o pagare un conto più salato», sottolinena Stefania Badalotti, direttrice di Casa Bimbo. «Un’altra assurdità è stata quella di mantenere, nella nuova legge, il tetto massimo delle 160 ore. Chi ne farà di più, penso ai figli dei militari o delle tante coppie in cui uomo e donna lavorano full-time, pagherà per la quota eccedente 9 euro l’ora al posto dei 3,65. Ora dovremo fare molta attenzione ai regolamenti esecutivi della legge sulla famiglia per cercare di correggere in corsa gli errori fatti. Le famiglie sono state messe in crisi perché non si è deciso mettendo al centro le esigenze dei bimbi».

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