Case di riposo, sos pazienti Ci sono pochi infermieri 

Il Consiglio: «Abbiamo mandato i Nas per controllare la qualità dell’assistenza» Per la legge provinciale un solo infermiere deve controllare più di 10 posti letto


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «La popolazione deve sapere che gli ospiti delle case di riposo sono a rischio perchè la qualità dell’assistenza è troppo spesso inadeguata». In neocostituito Ordine degli infermieri, che vede alla presidenza Paola Cappelletti, chiede alla Provincia di avere il coraggio di svoltare perchè la situazione gestionale in alcuni casi si è fatta drammatica: «La delibera del 7 febbraio 2017, che ricalibra il parametro e vede 1 solo infermiere avere in carico più di 10 letti (prima era 1 infermiere per 8 letti), sta causando solo danni. Col risultato che la qualità dell’assistenza è crollata, il personale non riesce a far fronte al superlavoro e scappa dalle case di riposo (il turn over è altissimo) e come se non bastasse i professionisti (sempre più ricattabili) vengono sempre più spesso sostituiti da operatori socio-assistenziali o assistenti geriatrici ecc. ai quali, per lavorare, basta un corso di due anni dopo le medie. Costano sicuramente meno ma sono anche molto meno preparati. E seguono il paziente anziano polipatologico. Somministrano farmaci (troppo spesso in estate abbiamo visto medicinali abbandonati in stanze poco ventilate), fanno iniezioni sottocutanee (pensiamo all’insulina), nutrono i pazienti con serissimi problemi di deglutizione e rilevano anche i parametri vitali».

L’Ordine spiega alla politica che negli ultimi anni il paziente-tipo delle case di riposo è a tutti gli effetti un lungodegente non autosufficiente che necessita di un’assistenza di alto livello e di infermieri specializzati che sanno come e quando intervenire. «Abbiamo utenti con demenza senile, Alzheimer, Parkinson, anziani che soffrono di patologie polmonari, cardiache, che hanno avuto ictus, emorragie cerebrali ecc. Persone che vanno seguite da personale esperto, perchè richiedono terapie complesse, piani di assistenza individualizzati, monitoraggi continui per evitare ulteriori complicazioni e il riacutizzarsi della malattia che richiederebbe il ricovero in ospedale. Ma siccome spesso i numeri non ci sono e gli addetti non sono all’altezza... la casa di riposo risolve il problema inviando il paziente in Pronto soccorso con conseguente disagio dell’anziano e del personale dell’ospedale che si trova a supportare un superlavoro che non gli spetterebbe. Ci piacerebbe che la politica leggesse gli ultimi studi in materia che parlano di un aumento della mortalità degli ospiti in case di riposo dove il numero degli infermieri risulta inferiore al fabbisogno». L’Ordine chiede chiarezza e fissa dei punti sui quali non intende mollare: «Perchè gli infermieri sono stati di fatto demansionati, costretti a turni che non rispettano la norma Ue, spesso con contratti a tempo determinato finiscono col subire minacce di licenziamento se fanno valere i loro diritti. In questo panorama sopportano carichi di lavoro eccessivi: capita anche che lavori un solo infermiere per 50/60 ospiti in strutture su più piani». Per concludere il collegio ricorda alla politica come i colleghi che lavorano in Pronto soccorso segnalino accessi impropri in particolare durante la notte o nei fine settimana, e questo succede nelle case di riposo dove non è presente l’infermiere. «Pazienti spostati con evidente disagio perchè per esempio il catetere funziona male. Sono anni che ci promettono il “Territorio” mentre nel resto d’Italia - proprio per seguire gli anziani “cronici” - nascono “le Unità di degenza a gestione infermieristica” ... e noi che facciamo? Torniamo indietro e portiamo tutti al Pronto soccorso. Che scoppia».













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