Bolzano

Caso Tait, lo sfogo del volontario della Croce Rossa: «Noi in attesa da mesi, che amarezza»

Non si placa la polemica sulla vaccinazione della moglie del direttore del comprensorio sanitario di Bolzano



BOLZANO. Amarezza. La vicenda del vaccino alla moglie del direttore del Comprensorio sanitario di Bolzano, Umberto Tait, ha lasciato l’amaro in bocca a uno dei tanti volontari della Croce Rossa che, in questi difficili mesi, sono sempre stati in prima linea.

Un impegno che, pur bardati con tutti i necessari dispositivi di sicurezza, porta i volontari quotidianamente a contatto con il Corona virus. Nonostante questo, però, le vaccinazioni sono ferme da mesi. Situazione che accomuna numerose associazioni di volontariato le quali, a fronte di ripetute richieste, non hanno ancora potuto vaccinare tutto il loro personale.

«Alla fine di dicembre – spiega il volontario che ha contattato la nostra redazione – sono arrivate le rime dosi e si è provveduto alla vaccinazione di quei dipendenti e di quei volontari che non avevano già superato il Covid. Ad alcuni di loro, almeno. Il numero dei vaccini arrivati, però, non era sufficiente per tutti, ma ci è stato assicurato che ne sarebbero arrivati presto altri. Io e altri ci siamo messi in lista, con l’assicurazione che saremo stati informati.

Da allora, però, non s’è visto più nulla e so che l’associazione di cui sono volontario è nuovamente tornata a fare richiesta di vaccini, all’inizio del mese di marzo. Ci è stato detto che le nuove dosi, per chi era in lista, sarebbero state disponibili il 20 marzo». Ma non è stato così. «No. I vaccini non sono arrivati e, ancora una volta, hanno promesso che ci avrebbero informati».

Da allora, più nulla. «Il piano nazionale di vaccinazione stabilisce che la priorità nelle vaccinazioni spetti a quelle persone che rientrano nelle fasce d’età e nelle categorie considerate più a rischio. Volontari, Protezione Civile e forze dell’ordine, invece, “subentrano” nel caso in cui ci siano dosi in surplus. A fronte di queste disposizioni e dell’attesa a cui è costretto chi, come me, si mette a disposizione della comunità, lascia davvero l’amaro in bocca scoprire che qualcuno “salta la fila” e si vaccina ».













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