Chiesti tre anni per l’ex dirigente di polizia

Verso la conclusione il processo a carico di Leonardo De Paola: restano in piedi le accuse di peculato, truffa e falso


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Tre anni e quattro mesi di reclusione. E’ questa la richiesta di condanna avanzata ieri mattina dal pubblico ministero Giancarlo Bramante nei confronti dell’ex dirigente di polizia Leonardo De Paola, all’epoca dei fatti responsabile della polizia di frontiera in Alto Adige. Il funzionario, oggi in pensione, è sotto processo per peculato continuato, truffa ai danni dello Stato, falso ideologico e abuso d’ufficio. Non tutte le accuse hanno trovato conferma nel teorema accusatorio della Procura.

Per l’abuso d’ufficio, ad esempio, lo stesso pubblico ministero Bramante ha ritenuto non fondate le ipotesi accusatorie ed ha chiesto l’assoluzione dell’imputato. Le altre imputazioni sono rimaste in piedi anche se circa la metà dei capi d’imputazione e degli episodi contestati sono stati notevolmente ridimensionati.

Il conto finale, per l’ex dirigente di polizia (che nel 2007 venne arrestato e rimase 15 giorni in custodia cautelare)è comunque piuttosto pesante. Come detto il pubblico ministero ha chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi mentre per il coimputato , l’ispettore Bruno Zermiani, la richiesta di condanna si è fermata a dieci mesi di reclusione. Per entrambi gli imputati i rispettivi avvocati di difesa hanno però cercato di smontare , pezzo per pezzo, l’impalcatura accusatoria anche se per alcuni episodi pure l’avvocato difensore Nicola Canestrini ha dovuto ammettere che la situazione emersa era palesemente illegittima. E’ accusato nel corso dell’arringa di ieri quando il legale ha toccato la vicenda dell’uso della macchina di servizio da parte di Leonardo De Paola per andare, assieme alla figlia, a Gardaland. La difesa ha cercato di imbastire una sorta di giustificazione parlando di appuntamento (rinviato strada facendo) con un dirigente di polizia in servizio all’aeroeporto di Verona e di un improvviso guasto meccanico alla batteria dell’auto privata che avrebbe dovuto essere utilizzata nelle originarie intenzioni del funzionario. Come già accennato molti capi d’imputazione non hanno trovato conferma nelle richiesta del pubblico ministero, altri però (circa la metà) sono stati confermati in pieno sulla base di documentazione dettagliata (ottenuta anche con rilevazioni col Gps) su viaggi privati e spostamenti considerati illeciti con l’auto di servizio.

Il processo molto complesso (ieri è giunto alla 23esima udienza dibattimentale) continua a pesare come un macigno sull’ex funzionario di polizia ora in pensione. Decisamente più lieve la posizione processuale dell’ispettore Bruno Zermiani per il quale l’avvocatessa Maria Carmela Carriere (difensore) ha parlato di ruolo «da Cenerentola» nell’ambito di tutta l’inchiesta. La Procura ha chiesto dieci mesi di reclusione ma la difesa ha avuto gioco facile nel sottolineare che l’ispettore avrebbe semplicemente agito sulla base delle disposizioni del dirigente (e superiore) inquisito.

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