Lo studio dell’Ipl in Alto Adige

Congedo parentale in aumento. «È pagato ancora troppo poco»

L’anno scorso ne hanno usufruito solo cinquemila padri, un quarto del totale, solo per periodi brevi. Califano (Pari opportunità): «Pesa il gender pay gap. L’assessora Amhof: «Superare stereotipi e resistenze culturali»



BOLZANO. Ancora troppo pochi padri altoatesini chiedono il congedo parentale. Lo dice uno studio dell'Istituto promozione lavoratori presentato ieri dall'assessora al lavoro Magdalena Amhof e dalla vicepresidente della commissione provinciale Pari opportunità Donatella Califano.

Come messo in risalto da Amhof, «Paternità attiva significa maggiore benessere famigliare, possibilità di trascorrere più tempo insieme per padre e figli, maggiori possibilità lavorative per le madri, diffusione di un nuovo modello che superi stereotipi e resistenze culturali e organizzative, accrescimento della cultura della condivisione del lavoro di cura tra madre e padre».

Un bilancio in chiaroscuro

In occasione della Festa del papà, l'Ipl ha presentato gli ultimi dati sul congedo parentale paterno in regione e i dati sui beneficiari dell'Assegno al nucleo familiare+, introdotto dalla giunta provinciale come sostegno alla paternità attiva.

I dati pre-pandemia mostravano una lenta ma costante crescita dei padri che usufruiscono di un'aspettativa facoltativa dal lavoro. La prolungata chiusura di scuole e servizi all'infanzia nel 2020 e le riaperture a singhiozzo del 2021 hanno fatto intravedere la diffusione nel post-Covid di un maggiore ricorso ai congedi dei padri rispetto al passato.

In effetti, i dati relativi al numero di beneficiari dei congedi parentali in generale sono in aumento e dunque confermano una crescente consapevolezza dell'importanza di una genitorialità maggiormente condivisa. Tuttavia, il contributo previsto per chi si assenta per più di due mesi vede un calo delle richieste, segno che l'astensione dal lavoro dei padri per periodi prolungati non decolla.

Pesa ancora il gender pay gap

Riconoscere ai padri la possibilità di lavorare in maniera più flessibile e di poter aumentare la propria partecipazione in famiglia rende più realistico l'obiettivo dell'uguaglianza di genere, ma occorrono un cambio di mentalità e sostegni al reddito sostanziali. In presenza di un gender pay gap significativo a sfavore delle donne è inevitabile che, in condizioni di salari bassi ed elevata inflazione, il partner che guadagna di più eviti di assentarsi dal lavoro in quanto il suo contributo può risultare decisivo per arrivare a fine mese.

«I dati ci fanno intravedere quanto temuto: nel 2023, con il costo della vita in aumento, le domande dell'assegno provinciale che si ottiene con almeno due mesi di astensione dal lavoro per congedo parentale sono nettamente diminuite» ha sottolineato il presidente Ipl Andreas Dorigoni.

Congedi sì ma troppo brevi

Nel 2022 sono stati quasi 5.000 i padri lavoratori dipendenti del settore privato e residenti in regione che hanno usufruito del congedo obbligatorio di paternità, un numero in netto aumento rispetto al passato. La misura, già introdotta in via sperimentale per gli anni 2013-15,nel 2022 è divenuta strutturale. «Con tale norma si mira ad avvicinarsi alla parità di genere, promuovendo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e l'equa ripartizione delle responsabilità di assistenza familiare» così Califano

.Dal 2009 al 2019, il numero di padri beneficiari di un congedo parentale in regione è risultato in lento ma costante aumento: i padri in congedo facoltativo sono passati dal 10,6% al 25,3% del totale dei beneficiari (uomini e donne). Nel 2022 tale quota è di nuovo aumentata al 26,5%, un dato incoraggiante che fa pensare a una maggiore attenzione nella gestione dei carichi familiari dopo l'esperienza degli anni del Covid.

 Pagati sì ma troppo poco

«I congedi dei padri continuano tuttavia a essere più brevi rispetto a quelli delle madri e non accennano a prolungarsi in misura significativa. Nel 2022 la durata del congedo parentale facoltativo dei padri era di 31 giorni (mentre ammonta a 2 giorni per le madri), che è proprio la durata limite per la retribuzione al 100% secondo alcuni contratti collettivi nazionali di lavoro, segno questo che il mantenimento della retribuzione piena risulta essere decisivo per questo tipo di scelta» osserva la ricercatrice Ipl Maria Elena Iarossi.

Come già osservato dagli esperti nell'audizione pubblica del febbraio 2018 presso il Parlamento europeo, così conclude il report Ipl pubblicato ieri, «Il congedo deve essere adeguatamente retribuito, poiché quando non viene pagato, o il compenso è molto inferiore alla retribuzione, molte persone semplicemente non possono permetterselo». DA.PA













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