L'INTERVISTA julia unterberger svp 

«Conte bis, errore escludere a priori un appoggio» 

La crisi di governo. La presidente del Gruppo per le Autonomie «Sarebbe stato più prudente provare a dialogare su alcuni temi chiave Così noi della Stella alpina non potremo incidere sulle decisioni»


Francesca Gonzato


Bolzano. Forse davvero il governo giallorosso si farà. Ieri giornata più serena a Roma tra M5S e Pd, smussati gli effetti dell’ultimatum di Luigi Di Maio. La Svp ormai ha deciso, voto di astensione sull’eventuale voto di fiducia al governo Conte, poi valutazione provvedimento per provvedimento. Sono però bordate continue verso il M5S e un rapporto sfilacciato con il Pd. Così ha deciso la direzione del partito, con un maggioranza che non ha dato alternativa a chi ha provato a proporre un’altra linea. Tra questi c’è Julia Unterberger, la presidente del Gruppo per le autonomie, ala di centrosinistra della Svp. Proprio al Senato i numeri ristretti per la maggioranza M5S-Pd avrebbero consigliato come minimo più prudenza nelle scelte, è la sua linea. Se si arriverà al voto di fiducia, il Gruppo le autonomie si dividerà: i tre Svp (Unterberger, Meinhard Durnwalder e Dieter Steger) si asterranno. Gianclaudio Bressa, Pier Ferdinando Casini e il valdostano Albert Lanièce voteranno a favore, come il senatore a vita Giorgio Napolitano (se parteciperà al voto). Incerta la senatrice a vita Elena Cattaneo.

Le due linee sono risultate evidenti durante le consultazioni: alle dichiarazioni di Julia Unterberger come capogruppo si sono affiancate quelle di Steger per la sola Svp.

«Rispetto la linea del partito, anche se resto convinta della mia posizione. La conferma la leggo con le dichiarazioni di Diego Nicolini (M5S)», così Julia Unterberger, anche sullo stato di conservazione del concetto di Sammelpartei.

A quali parole di Nicolini si riferisce?

Non so quanto conti Nicolini, immagino poco, ma è legato al ministro Riccardo Fraccaro, che invece è influente. Sul vostro giornale si vanta di avere suggerito ai vertici nazionali del M5S di stare attenti a chi verrà nominato ministro delle Regioni e che quella nomina dovrebbe andare a qualcuno indicato da loro. Sappiamo cosa può significare questo. E noi non possiamo dire nulla, perché ci siamo già chiamati fuori da ogni discussione con il premier incaricato Giuseppe Conte e con l’alleanza M5S-Pd.

Secondo lei la Svp avrebbe dovuto prendere in considerazione un voto a favore del governo?

Sarebbe stato più prudente partire senza un atteggiamento di totale chiusura nei confronti del M5S. Con la forza di un partito che non chiede mai incarichi ministeriali, avremmo potuto proporre a Conte una serie di punti-chiave per la nostra provincia, dalla sanità alla A22, alle norme sulla autonomia. Sicuramente Conte sarebbe stato disposto a discuterne con noi.

Visti i rapporti e i problemi con ministri come Toninelli (Infrastrutture) e Grillo (Sanità), è complicato portare alla Svp la proposta di voto di fiducia.

Anch’io ho chiesto molte settimane fa un incontro alla ministra Giulia Grillo, poi è arrivato un appuntamento con il presidente Kompatscher solo per metà settembre... Ma il M5S è composto da tante persone. Al Senato ci sono colleghi preparati, concreti, che non hanno nulla a che fare con lo stereotipo del movimentista estremo. Ripeto, se ci fossimo seduti al tavolo, magari avremmo potuto parlare anche di questi problemi della sanità, portare le nostre ragioni, influire in qualche modo sulle scelte. Almeno provarci.

Come possibile ministro delle Infrastrutture gira il nome di Stefano Patuanelli, attuale capogruppo al Senato.

È un ingegnere, un collega serio. Persone come lui possono lavorare bene, e credo che anche il Pd si muoverà con intelligenza.

Venerdì le dichiarazioni di Di Maio sembravano avere sabotato le trattative. Poi i gruppi parlamentari del M5S avrebbero rimesso in sesto la situazione.

Sì, non ho dubbi. E se il problema è che Di Maio vuole il ruolo di vice premier per non farsi eclissare del tutto da Conte, che il Pd accetti, questo il mio consiglio.

Impossibile votare la fiducia al M5S, dice l’ex senatore Hans Berger (alla Tageszeitung). È un partito antiautonomista, come dimostrano gli scontri avuti da Berger in Senato.

Il M5S era all’opposizione. È evidente che si trovano nella fase in cui bisogna diventare qualcosa di diverso, da movimento anti establishment a partito capace di governare. Anche da parte del Pd di opposizione ho assistito in aula ad atteggiamenti che non mi sono piaciuti.

Lei comunque si asterrà, se ci sarà il voto di fiducia.

Sì, mi atterrò alle decisioni del partito. A meno che a Conte non manchino solo un paio di voti. In quel caso bisognerà tornare in partito e parlarne.

Il Gruppo per le autonomie ha otto senatori. Rischiate di trovarvi con metà gruppo in maggioranza e metà alla finestra.

Sì.

Lei come capogruppo parteciperebbe alle sedute di maggioranza?

Chi vota a favore del governo ha diritto di partecipare alle sedute di maggioranza. Se ci sarà il governo Conte bis, i colleghi dovranno decidere se delegarmi.

Lo stop della Svp al M5S sembra anche un messaggio verso il Pd. La Svp sta diventando strutturalmente un partito di centrodestra e conservatore? L’ala sociale è silenziosa come non mai su questa vicenda.

Dobbiamo restare un partito di raccolta, altrimenti il pensiero di fondo della Svp sarebbe morto. Alcuni dei nostri orientati verso destra non vi si riconoscono più, forse, ma non credo che potrà saltare tutto. Dobbiamo continuare a convivere in modo naturale. Non ho mai fatto mistero del mio orientamento e sono sempre disposta a trovare un compromesso con chi la pensa diversamente. Ciò che non va bene è se mi si vuole impedire di parlare.

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