Crollo dei negozi, boom di bar e ristoranti

Confesercenti ha confrontato i dati del 2007 con quelli del 2017. A Bolzano e Trento il calo è stato del 13 per cento


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Meno commercio tradizionale, più ristorazione e turismo. La recessione – scoppiata a fine agosto 2007 – ha trasformato anche il volto di Bolzano e Trento, modificando la composizione delle attività urbane e scambiando le vetrine dei negozi con pub, bar, ristoranti e attività turistiche. Dal 2007 ad oggi, infatti, sono scomparse infatti 1351 imprese del commercio in sede fissa, pari al 13,5% del totale. Attività che sono state parzialmente sostituite da pubblici esercizi e attività ricettive (+352, pari al 3,5%).

La riduzione dei negozi non ha colpito in ugual misura tutte le tipologie di impresa. Sono state infatti le imprese attive nel commercio di tessili, abbigliamento e calzature a pagare lo scotto più alto. «A Bolzano - spiega Mirco Benetello, direttore di Confesercenti - a fissare le regole sono stati soprattutto i grandi player come Zara, H&M e le altre catene che, lavorando su più piazze, sono state in grado di sfruttare le economie di scala. I nostri commercianti, pur in questo contesto, riescono ad avere rapporti di gran lunga migliori con i loro dipendenti. E spesso anche le retribuzioni sono più alte».

Come sottolinea Benetello a soffrire sono soprattutto i quartieri italiani, da Don Bosco alla zona di Four You (Via Milano, via Torino, via Dalmazia e via Palermo), senza escludere peraltro Corso Italia e Corso Libertà. «Chi ha un’attività oltre ponte Talvera - continua Benetello - può contare su flussi ben diversi e in quel caso, più che di chiusure, si può parlare di turnover».

Lo studio di Confesercenti, anche per Bolzano e Trento, testimonia come ci sia stato un incremento, in compenso, tanto di alloggi usati con finalità turistiche (+3,5%) quanto delle varie attività legate alla ristorazione (+5,7 per cento).

«Negli ultimi dieci anni - continua Benetello - sono cambiate anche le abitudini degli altoatesini. Pensiamo solo a chi lavora, e penso anche a marito e moglie con figli, ed è costretto a restare fuori casa per pranzo. È cresciuta la richiesta di punti di ristoro anche in zona industriale ma anche nei quartieri: molti bar si sono attrezzati per cucinare primi piatti. C’è stata, dunque, una trasformazione: meno negozi e più esercizi ricettivi».

La spese delle famiglie. Lo studio di Confesercenti fa capire anche come sia cambiata, negli ultimi dieci anni, la spesa delle famiglie. Mentre i consumi alimentari hanno più o meno resistito (-60 euro rispetto al 2007), i non alimentari sono scesi (di molto): 1.432 euro sotto i livelli pre-crisi, un tracollo dovuto soprattutto al taglio delle spese per la moda (-498 euro sul 2007) per mobili e servizi per la casa (-263 euro), dei trasporti (-346 euro), delle comunicazioni (-231 euro) e della voce ricreazioni, spettacoli e cultura (-206 euro in media a famiglia). Si salvano solo le spese per l’istruzione, aumentate di 42 euro in media e dei servizi ricettivi e di ristorazione (+26 euro), a cui è chiaramente legato l’exploit del settore turistico e di bar e ristoranti. Per il resto, ad aumentare sono solo le spese fisse: quelle per gli affitti, il condominio e le bollette dell’acqua e dell’energia (+315 euro rispetto al 2007).

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