L'INTERVISTA giuliano piccoliori 

Disastro Covid: «Messaggi rassicuranti  e poca disciplina» 

Il medico. «Le decisioni di apertura in parziale contrasto con  quanto stabilito a livello nazionale prese per le settimane di Natale e Capodanno, hanno dato la stura a comportamenti irresponsabili»



BOLZANO. «Se ci fosse stata una maggior disciplina da parte della popolazione, auto- ed eteroimposta, fin da ottobre avremmo potuto tenere sotto controllo l’andamento dei contagi. Ma purtroppo in Alto Adige non è successo». Giuliano Piccoliori, responsabile scientifico dell’Istituto di Medicina generale presso la Claudiana e medico di famiglia in Val Gardena - controlla dal suo osservatorio privilegiato la pandemia in provincia, talmente pesante da costringerci in controtendenza nazionale ad un quarto blocco.

Dottor Piccoliori, ha avuto un senso aprire quando il resto d’Italia chiudeva visto che oggi siamo costretti al lockdown?

«Le decisioni di parziale apertura e comunque in parziale contrasto con quanto stabilito a livello nazionale, prese per le due settimane di Natale e Capodanno, che volevano far leva sul senso di responsabilità della popolazione anche per consentire all’economia locale di tirare un po’ il fiato, hanno in realtà dato la stura a comportamenti soprattutto nel privato assolutamente irresponsabili che hanno certamente contribuito all’impennata epidemica che stiamo vivendo. Mi pare che ci sia purtroppo una sottovalutazione della situazione ed uno strisciante negazionismo dovuto soprattutto ad una insufficiente conoscenza della realtà. Di quanto succede nei nostri ospedali costantemente sotto pressione e che impegnano un terzo delle loro risorse per curare e guarire i pazienti ammalati di Covid, della sofferenza e del lutto che hanno colpito tante famiglie, delle conseguenze che ancora patiscono tanti pazienti guariti, i reduci da questa guerra contro un nemico incredibilmente insidioso».

Il test di massa di novembre a 360 mila altoatesini pensato per “il libera tutti” di Natale sembra non essere servito a nulla.

Lei cosa ne pensa?

«Era stato presentato e atteso come un sistema per rallentare la curva epidemica, una curva epidemica che in quel momento era già in flessione. Ci si attendeva di trovare molti più casi di asintomatici positivi, intorno al 10%. Probabilmente non si era tenuto conto del dato clinico e cioè che sul totale dei contagiati “solo” circa il 30-35% è asintomatico. Dato che in quel momento il 2% era positivo, era anche lecito attendersi un risultato dello screening di massa intorno all’1%. Un lieve rallentamento c’è stato ma credo che purtroppo quel risultato sia stato interpretato dalla popolazione, e forse non solo da essa, come molto, troppo rassicurante cosa che ha portato ad allentare ulteriormente le precauzioni personali e di sistema e cominciando ad innescare un’inversione di tendenza a livello epidemico».

Siamo messi male, ritiene che il lockdown fosse inevitabile?

«Certo. In Italia abbiamo avuto negli ultimi 7 giorni 140 nuovi casi positivi ogni 100.000 abitanti. In Alto Adige lo stesso dato sale a 816 che è di gran lunga il valore più alto del Paese e ci vede nettamente in testa in questa amara classifica da circa la metà di gennaio. Segue l’Umbria con 292 ed il Trentino con 256. Sempre in Alto Adige c’è stato negli ultimi 7 giorni un aumento percentuale di nuovi positivi rispetto ai 7 giorni precedenti del 15% mentre in Italia il dato è praticamente stabile allo 0,1%. Vuol dire che da noi la curva epidemica di fatto sale ancora mentre a livello nazionale si è appiattita. Questi dati giustificano da soli la nostra attuale condizione. Va anche detto che dall’inizio della pandemia l’Alto Adige è la provincia con la percentuale di casi più alta d’Italia con il 9% mentre il Trentino è al 5,5%. Infine attualmente l’1% della nostra popolazione è positiva mentre il Trentino è al 0,5% e l’Italia al 0,7%. Qualche settimana fa guidavamo anche questa classifica con il 2%».

Provincia ed Asl ripetono che abbiamo più casi perchè dall’inizio abbiamo testato di più.

Cosa dice?

«É vero anche questo. L’Alto Adige fa il triplo dei test del Trentino (e trova guarda caso circa il triplo di positivi) ed in proporzione 5 volte quelli che fa la Lombardia».

La mortalità Covid è pesante rispetto al resto del Paese?

«Il dato nazionale è pari a 150 deceduti per 100.000 abitanti. In Lombardia questo dato sale a 270 e nel “virtuoso” Trentino a ben 228. In Alto Adige invece si attesta intorno a 170 che non è lontano dal dato nazionale, che sfrutta le basse percentuali di mortalità del centro-sud. La letalità per Covid (la percentuale di ammalati di Covid che muore) è con il 2% relativamente bassa, comunque la metà di quella del Trentino con il 4% ed ancora più distante da quella riscontrata in Lombardia con il 5%. Questi dati significano che in Alto Adige di fatto non si muore di Covid molto di più che altrove in Italia. Anzi».

Ma come mai, allora, siamo in questo stato?

«Siamo alle prese nelle ultime 6 settimane con un andamento molto preoccupante della pandemia in assoluta controtendenza rispetto al resto della nazione ed è vero... ed è corretto cercare di capirne le ragioni. Credo, come già detto, che le decisioni prese a livello locale, in parziale controtendenza rispetto alle disposizioni impartite dal governo nazionale, tenessero conto anche di altri elementi come quelli che ho citato (bassa mortalità, elevata capacità di testing). D’altra parte però si è fatto troppo affidamento sulla autodisciplina della popolazione locale che invece ha reagito male ad alcuni messaggi». Non ha rispettato le regole, non si è messa la mascherina. V.F.













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