Domeniche, sindacati uniti: stop alla liberalizzazione

Tutte le sigle regionali di categoria hanno chiesto alle Province di abrogare il “Salva Italia”. E gli assessori Stocker e Olivi si sono impegnati a provarci


di Alan Conti


BOLZANO. Uniti per affrontare il problema del lavoro festivo e domenicale. Dopo le battaglie singole portate avanti in particolare da gruppi di commesse, i sindacati decidono di fare fronte comune per chiedere alle Province di Bolzano e Trento di prendere in mano la materia.

Le sigle del settore del commercio altoatesine e trentine, dunque, ieri mattina si sono ritrovate a Castel Mareccio per un’assemblea congiunta. Filcams/Cgil, Cisl e Asgb le rappresentanze bolzanine presenti. «A questo punto, forti di una sentenza del tribunale di Rovereto che stabilisce come il rifiuto di lavorare nei festivi non possa essere sanzionato, riteniamo necessario agire con maggior determinazione», spiega il segretario della Filcams Cgil Maurizio Surian.

Ciò significa puntare in alto, ovvero al decreto “Salva Italia” che alla fine del 2011 cancellò qualsiasi limite all’apertura degli esercizi commerciali.

«Chiediamo che le Province abroghino il decreto e si adoperino per riportare il lavoro festivo e domenicale nell’alveo di una regolamentazione più precisa ed equa».

Il tema, dunque, si allarga sia dal punto di vista territoriale sia da quello istituzionale. Destinatari della richiesta, infatti, sono gli assessori provinciali al lavoro Martha Stocker ed Alessandro Olivi presenti ieri in sala.

La sponda politica sembra garantita.

«I principali responsabili delle categorie economiche - le parole di Stocker - considerano ormai le domeniche e le giornate festive alla stregua di un normale giorno di lavoro. Tutto questo in un contesto dove per le nuove assunzioni vengono poste clausole di flessibilità precise». Di qualche settimana fa, infatti, la notizia di una catena della grande distribuzione che assume nuovi dipendenti imponendo il lavoro per 52 domeniche l’anno. Vale a dire tutte.

Ma il personale si sta ribellando: nel periodo di Pasqua molte commesse avevano minacciato di incrociare le braccia negando la propria disponibilità a mettersi dietro le casse nel giorno di Pasquetta.

«Alcuni di questi grandi marchi - continua Stocker - si rifiutano addirittura di applicare il contratto collettivo decidendo di non pagare il bonus salariale per queste giornate di lavoro». Nello specifico per il contratto del commercio si tratta di una maggiorazione del 50% con il documento nazionale e del 30% con l’integrativo. Condizioni che dovrebbero valere anche per le nuove assunzioni. «Credo che le domeniche e i lavori festivi vadano tutelati e debbano rappresentare delle eccezioni al lavoro. La completa liberalizzazione è una mera spinta verso il consumismo che toglie spazio e valore alla famiglia tradizionale. Sarà uno dei temi al centro della Convenzione per l’Autonomia». Il problema, a questo punto, saranno i tempi che non potranno essere rapidissimi.

Secondo uno studio effettuato dall’Istituto per la promozione dei lavoratori di Bolzano, comunque il 64% dei dipendenti giudica il lavoro domenicale come negativo e si dice contrario alle liberalizzazioni.

I clienti però apprezzano le aperture no-stop e questo significa per le grandi catene importanti guadagni ai quali non intendono rinunciare.

Il segnale che è partito ieri da Castel Mareccio, però, è forte: erano quasi trent’anni, infatti, che le sigle sindacali di entrambe le province non si univano per affrontare una battaglia comune.

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