Dorfmann: «L’austerità ci ha salvato»

Il candidato della Svp: «Non ha senso la battaglia contro l’euro, ma l’Ue deve ridurre la burocrazia»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Herbert Dorfmann ha iniziato la campagna elettorale con il fiato sospeso. La sua rielezione al parlamento europeo non è un punto di domanda: le 50 mila preferenze necessarie ci saranno (nel 2009 ne ottenne 83 mila su 117 mila voti complessivi alla lista), salvo sorprese veramente clamorose. Il punto era buttarsi in mezzo agli elettori con lo scandalo sui vitalizi ancora aperto. Con colpo di reni da maestri la Svp ha cambiato Obmann proprio all’inizio della campagna elettorale, la base ha gradito e Dorfmann si è rasserenato. Gira tra paesi e città regalando piantine di stelle alpine. Quarantacinque anni, Obmann della Val d’Isarco, eurodeputato da anni, già sindaco di Velturno e direttore del Bauernbund, la ricandidatura è arrivata senza primarie, perché nella Svp nessun altro si è fatto avanti. È sostenuto da una alleanza larga, che comprende anche Patt e Upt a Trento, Slovenska Skupnost attiva in Friuli Venezia Giulia. Anche il governatore del Tirolo Günther Platter gli ha garantito sostegno. Dorfmann è stato ospite, con il direttore Alberto Faustini, nella redazione del giornale.

Allora, come sta andando la campagna elettorale?

«Meglio di come prevedessi. Trovo un clima sereno. È vero però che l’astensionismo può essere un problema, non solo nostro».

Gli altoatesini conoscono poco del suo lavoro a Bruxelles. Se non si costruisce una conoscenza dell’Ue, si comprende perché Bruxelles venga vista solo come un vincolo.

«I media si interessano poco di noi perché siamo poco interessanti. Il nostro è un lavoro prettamente tecnico, mentre fanno notizia le facce e i personaggi. Scontiamo anche l’assenza di media europei, così le notizie vengono filtrate attraverso i media nazionali. Il risultato è che non si è capito quanto siano stati difficili questi cinque anni di legislatura, con alcuni paesi sull’orlo della bancarotta, Italia compresa. Adesso si dice che la politica europea è stata tutta sbagliata, ma siamo andati vicini al crac. È buffo anche che Berlusconi accusi l’Europa, ma era premier...».

Altra accusa: l’Unione europea produce un eccesso di burocrazia.

«Ai banchetti elettorali chiedo di scrivere su una cartolina i problemi più sentiti. Nella metà trovo scritto “burocrazia”. È vero che c’è una responsabilità europea, cui si affianca però un “contributo” forte nazionale e locale. Un esempio tipico è la sicurezza sul lavoro: la normativa di base è europea, ma l’applicazione italiana ha finito per essere molo diversa da quella austriaca. Ribadisco che è uno dei problemi di massima importanza: gli imprenditori dicono che non ce la fanno più, e non è solo vittimismo».

Come descriverebbe il suo lavoro a Bruxelles?

«Ho sempre lavorato ricordandomi di essere di essere l’unico deputato del Trentino Alto Adige e se verrò confermato lo sarò anche del Tirolo, perché non riusciranno ad eleggere nessuno. Su queste basi non mi sono occupato di temi come la politica estera, un lusso che possono permettersi i deputati di circoscrizioni con più rappresentanti. Mi sono concentrato sul lavoro nella commissione «agricoltura e sviluppo rurale» e nella commissione «economia e finanze», dove sono passati i problemi con le banche. La riforma ha permesso di spostare più risorse sull’agricoltura di montagna e sulle aree più critiche. Nei prossimi sette anni arriveranno 100 milioni in più in Alto Adige e 70 in Trentino».

All’inizio lei diceva che il vostro è un lavoro prevalentemente tecnico, in realtà l’Ue fa politica eccome, se pensiamo alle scelte di austerità. Come immagina i prossimi cinque anni?

«Sono realista, aumenterà il gruppo degli euroscettici. È naturale che una crisi così grave, con così tanti disoccupati provochi scontento. La crisi del 1929, che ha molti paralleli con quella attuale, ha prodotto la nascita degli estremismi sfociati nelle dittature. In condizioni diverse forse il nazismo non ci sarebbe stato. Per fortuna forse stiamo entrando in una fase diversa, con segnali positivi da Grecia, Portogallo e Spagna. Chi sta peggio sono Italia e Francia, che non hanno ricevuto gli aiuti e che destano oggi le maggiori preoccupazioni per le dimensioni di questi Stati. L’anticorpo agli estremismi sarà la ripresa e la ripresa vera saranno nuovi posti di lavoro. Quanto alle campagne anti euro, chi le porta avanti dovrebbe sapere che non è la moneta a condizionare l’economia, ma il contrario».

Lei siede nel gruppo Ppe e intende tornarvi, ma il vostro alleato Pd sostiene il candidato presidente del Pse. Complicato da spiegare.

«Siamo stati molto chiari con il Pd. Non mi sento socialdemocratico o di sinistra. D’altronde vedo anche diversi colleghi del Pd a disagio per l’ingresso nel Pse».

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