Durnwalder scuote la Svp: bene l’arrivo delle civiche

L’ex presidente provinciale: le nuove liste si colleghino però ai partiti I rapporti tra Bolzano e Palazzo Widmann: il capoluogo si ostina a non decidere


di Paolo Campostrini


BOLZANO. «Anche in Sudafrica ci sono maggioranze che sono diventate minoranze e che devono farsi perdonare qualcosa, come da noi...». Ecco la nuova dimensione di Kaiser Luis 2.0: giramondo. E dispensatore del verbo autonomistico. Un Clinton sudtirolese, che gira di conferenza in convegno. Prima l'Ucraina («lì lo Statuto potrebbe essere applicato così com'è»), adesso Pretoria. Ma Durnwalder non toglie l'occhio da qui.

Ha sentito, anche per la Svp si prepara l'assalto delle civiche...

«La Svp è cambiata. Dovrebbe ritornare quello che era, un partito capace di discutere, di dividersi all'interno, ma poi sempre in grado di trovare una composizione tra le diverse spinte. E invece continuano a dividersi».

Parla di quella bolzanina?

«Quella soprattutto. A Bolzano le divisioni e i problemi emergono magari di più».

Cambia il mondo ma Bolzano ha sempre gli stessi problemi. Non si riesce a governare.

«E qui la colpa è della politica. Bolzano avrebbe bisogno di una nuova legge elettorale, altrimenti non va da nessuna parte».

Che legge?

«Una che imponga una soglia, uno sbarramento. Almeno del 3%. Non è tollerabile che in consiglio comunale ci siano quasi venti partiti e molti con un solo consigliere. E che ci sia il doppio di consiglieri rispetto al consiglio provinciale. Un'assurdità che provoca l'ingovernabilità».

Perché non l'avete cambiata prima la legge?

«Ci provavo da 15 anni. Quando ero presidente della Regione mi sembrava di aver messo tutti d'accordo. Bene, cambiamo, avevo detto a Svp e Pd. E loro, bene cambiamola».

E invece?

«All'ultimo momento si fermavano. A un certo punto anche Spagnolli mi ha detto: ma Bolzano è una città particolare, ci sono degli equilibri, pensiamoci bene... E così anche i partiti più grandi si bloccavano sempre a un passo dalla meta. E adesso subiamo le conseguenze di quelle pigrizie».

E arrivano anche le civiche tedesche con propositi interetnici. Ha sentito dei Brugger?

«Ho sentito. Ma io dico: bene. Basta che si faccia qualcosa di nuovo. Ma collegati ai partiti. Che hanno bisogno di una scossa e se questa scossa viene da fuori facciamone tesoro».

Basterà la scossa?

«Ci vogliono più tecnici e meno filosofi. Più pratica e meno ideologia. Per questo vedo bene aggregazioni che arrivano dalla società, dalle professioni, dal lavoro. La politica classica è lenta...».

Basteranno le civiche?

«No. Ora occorrono anche uomini. E magari pure più coraggiosi di quelli visti fino ad ora. Che non si fermino sempre davanti al primo no. Capaci poi di saltare pure l'ostacolo da soli quando serve».

Un nuovo Durni...

«Non scherziamo. Ma dico anche: bene, se mai qualcun altro riuscisse a fare quello che ho fatto io quando era il mio momento».

In Comune dicono: la Provincia è matrigna, non aiuta il capoluogo.

«Io rispondo: è Bolzano che non si aiuta. Davanti ad ogni progetto, non dico solo Benko, non c'è mai una posizione unitaria. E invece la Provincia, da sola, ha regalato a Bolzano i prati del Talvera, l'Auditorium, l'Eurac, l'università, Maso della Pieve. Non mi sembra poco».

E adesso?

«Anche senza di me tutti ancora accusano la Provincia. Vede che c'è qualcosa che non va?».

Esempi?

«Il polo bibliotecario. Una biblioteca comune a tutti i gruppi, un punto d'incontro servirebbe come il pane alla città. Pensi che i fondi li avevo già accantonati io per le demolizioni e l'avvio dei lavori. C'è un bel progetto, facciamolo».

E invece?

«Niente. Tutto fermo. E non possono più neppure accusare me. Io non ci sono più ma, come si vede, il problema forse non ero io...».

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