Eurac si difende: è il primo studio scientifico sul «Clil»

Le ricercatrici: la scuola italiana prenda atto dei risultati e lavori per migliorare «L’immersione per il momento pare non abbia favorito le capacità linguistiche»


di Davide Pasquali


BOLZANO. «È comprensibile la reazione della sovrintendente Nicoletta Minnei alla pubblicazione dei nostri dati. L’avevamo messa in conto esattamente in questi termini: la scuola italiana, e la comunità altoatesina italiana, hanno investito molto nell’insegnamento veicolare del tedesco, quindi è giusto che la sovrintendenza difenda il proprio operato». Lo dichiarano le linguiste Eurac Chiara Vettori ed Andrea Abel, autrici del contestato studio Kolipsi II, il secondo del genere dopo sette anni, che ha messo in discussione le competenze linguistiche dei ragazzi di quarta superiore.

Procediamo con ordine. Innanzitutto una precisazione: «Minnei dice, sbagliando, che non abbiamo confrontato la parte orale; il primo esame condotto sette anni fa, infatti, non la prevedeva». In realtà «la prova orale è stata svolta e valutata anche nel primo studio; la “parzialità” si riferisce dunque solo ed esclusivamente al fatto che sia nel 2007/08 sia nel 2014/15 per questioni pratiche di tempo e di risorse non abbiamo potuto somministrare il test orale all’intero campione di studenti ma solo a un 10% di loro». In compenso, però, «in questo secondo studio abbiamo aggiunto anche un test di comprensione orale e di padronanza lessicale, sostenuti da tutti gli studenti, che hanno confermato il trend evidenziato dal risultato del test scritto».

Dati disomogenei. Nella sua tesi, Minnei fa inoltre riferimento a dati in suo possesso che non coincidono con quelli Eurac. «Non lo mettiamo in dubbio - la replica delle linguiste - e siamo perfettamente consapevoli che esistono ulteriori dati sulle competenze linguistiche». Bisogna però precisare qual è esattamente lo scopo dei singoli test e a quale modello di competenza linguistica e di valutazione si riferiscono i risultati - espressi per esempio tramite scale alfa numeriche. In sostanza, sostengono Abel e Vettori, occorre chiarire cosa viene testato e all'interno di quale modello di riferimento si devono interpretare gli esiti delle prove. «Lo scopo della rivelazione Kolipsi è stato esposto in modo chiaro e i risultati si riferiscono al Qcer, il legame, valido e inconfutabile, al quadro di riferimento internazionale è stato descritto in maniera dettagliata e trasparente». Dubbi sulle certificazioni. Se si parla di risultati delle certificazioni linguistiche europee, usate frequentemente nel contesto scolastico, Abel e Vettori ricordano che «chi si iscrive all’esame di certificazione lo fa volontariamente preparandosi appositamente a sostenerlo». Al contrario delle certificazioni, «il nostro test ha invece coinvolto un campione statisticamente significativo di studenti selezionati casualmente (il 45% di tutti gli iscritti alla classe quarta nell’anno scolastico di riferimento) e di cui disponiamo di una serie di metadati (sesso, scuola frequentata, luogo di residenza, esperienze scolastiche maturate in passato, ad esempio il Clil) imprescindibili per contestualizzare i risultati». Inoltre, al contrario delle certificazioni, «i nostri test permettono di "classificare" le competenze su una scala che contempla uno spettro di competenze, mentre le certificazioni permettono esclusivamente di capire se un certo livello è stato raggiunto o meno».

Bravi sì, ma in pochi. Le linguiste non mettono in dubbio che ci siano ragazzi con buone, se non ottime, competenze in tedesco L2. «Lo abbiamo affermato anche nel nostro studio, sottolineando che la percentuale di ragazzi con competenze di livello B2 e superiore è rimasta pressoché inalterata rispetto al campione 2007/08». Dai dati riportati in vari articoli giornalistici nei giorni scorsi «non è tuttavia chiaro chi siano gli studenti che compongono questo 35% di candidati che ottengono una certificazione linguistica europea per il livello B2 e il 6-7% per il C1». Cosa significa 35%? «Senza grandezza di riferimento, la percentuale perde forza e significato. Il campione, e dunque la percentuale, sono statisticamente significativi come lo è il campione di studenti testati in Kolipsi?» E ancora: «Quanti di questi studenti provengono da un liceo e quanti da un istituto tecnico? Sono tutti di IV superiore o qualcuno di loro è più vecchio e ha magari trascorso un anno in Germania o ha frequentato un anno scolastico in un istituto in lingua tedesca?»

Occorre precisione. Lo stesso discorso vale anche per l’affermazione dell’intendente Minnei secondo cui “il Clil funziona e non solo fra gli studenti ma anche fra i nostri docenti che sempre di più si iscrivono ai nostri corsi, e si dimostrano aperti a nuove metodologie”. Sostenere in modo generico che il Clil funziona, alle linguiste «non sembra una contro-argomentazione del tutto convincente». Proprio perché sono perfettamente consapevoli di quale peso ed eco hanno i loro dati e proprio perché rappresentano la prima evidenza empirica e scientifica dell’impatto del metodo Clil sulle competenze linguistiche in Alto Adige, «li abbiamo trattati con la massima serietà e scrupolosità, attenendoci ai criteri internazionali per la garanzia di qualità nel testing linguistico e che abbiamo ampiamente documentato nel report». Lo studio delle linguiste «non rappresenta in alcun modo una valutazione del metodo Clil, ma si limita a raccogliere le informazioni circa le esperienze di insegnamento veicolare fruite dagli studenti - inclusi il grado scolastico a cui i ragazzi si riferiscono nelle loro dichiarazioni, le materie oggetto di insegnamento veicolare e gli insegnanti coinvolti - e a studiarne la correlazione con i risultati dei nostri test». Non sono invece stati presi in considerazione il monte ore o la formazione degli insegnanti.

Spiace, nessuna differenza. In base alle analisi condotte, «al momento non si apprezzano differenze significative tra chi ha fatto esperienza di insegnamento veicolare e chi non ne ha fatta». Ad avviso dell’Eurac, «questa conclusione dovrebbe rappresentare soprattutto uno stimolo per esplorare ulteriormente e specificamente il fenomeno Clil in Alto Adige, al fine di chiarire quali sono i suoi punti di forza e di debolezza».

Una visione positiva. I dati Eurac si propongono come base di confronto «ma anche come base di partenza per un monitoraggio esteso del Clil nella scuola di lingua italiana che, oggi più che mai, sembra utile e necessario, e in cui sarebbe a nostro avviso opportuno investire sforzi e risorse». Kolipsi è nato con l'intento di mettere a disposizione della scuola e della politica scolastica uno strumento utile «e riteniamo che gli spunti offerti possano esserlo». Ci si augura «che venga inteso e impiegato come tale e che esso metta in moto una discussione costruttiva per poter migliorare ulteriormente le competenze linguistiche dei nostri ragazzi». Come scritto nella premessa al report, «il nostro auspicio è che il nostro lavoro non venga strumentalizzato e non divenga fonte di sterile polemica ma, al contrario, che si faccia pietra su cui costruire delle competenze ancora più solide e, al contempo, una convivenza ancora più serena e partecipata anche e soprattutto nella seconda lingua».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità