La proposta

Femminicidi, Cirimbelli: «Stop ai divorzi fai da te» 

Il direttore dell’Asdi di Bolzano al lavoro con le ministre Bonetti e Cartabia:  «I genitori che si separano vanno obbligati ad affrontare un percorso di mediazione familiare»


Gianluca Marcolini


BOLZANO. «I femminicidi, troppo spesso, trovano origine dall’incapacità dell’uomo di accettare la fine del matrimonio: ecco perché la mediazione familiare può risultate uno strumento di deterrenza». Elio Cirimbelli, direttore dell’Asdi, è al lavoro con le ministre Elena Bonetti (pari opportunità e famiglia) e Marta Cartabia (giustizia) per arrivare a introdurre, nella legislazione italiana, una norma che renda “obbligatoria” la mediazione familiare nelle procedure di separazione, e divorzio, di genitori con figli minorenni o non ancora autonomi.

«La proposta è già stata accolta con favore dalla ministra Bonetti, con la quale collaboro e sono in stretto contatto da anni, ora si tratta di avviare il medesimo discorso con la ministra Cartabia e confido di poterla incontrare a breve», spiega Elio Cirimbelli.

La proposta che Asdi sta avanzando a livello ministeriale ha un obiettivo chiaro: «Mettere uno stop ai divorzi fai da te, perché nessuna separazione è totalmente serena e le conseguenze vengono fuori quasi sempre successivamente, al momento del divorzio o quando si è chiamati ad affrontare la nuova vita, e in particolare la nuova condizione di genitori separati. Dobbiamo evitare che a pagarne le conseguenze siano i figli. Genitori non si nasce, lo si diventa ma soprattutto lo si dovrebbe rimanere: il percorso di mediazione familiare è pensato anche a questo scopo. Ecco perché diciamo stop alle separazioni fai da te, dove basta scaricare un modulo e metterci una firma».

Asdi, dunque, propone un ciclo di incontri (tre) con i mediatori familiari da prevedere nel momento in cui due genitori (la proposta non è indirizzata a moglie e marito senza figli) decidono di dirsi addio.

«In Alto Adige abbiamo la fortuna che la mediazione familiare, grazie a una decisione della Provincia del 2001, è riconosciuta come servizio sociale - spiega Cirimbellli - dunque viene svolta gratuitamente. Il lavoro che viene effettuato non è certo quello di individuare, nella coppia, chi sia il vinto e chi il vincitore, lo scopo è far si che entrambi prendano consapevolezza che può finire un matrimonio ma non il ruolo genitoriale, che dura tutta la vita». In caso di separazioni che finiscono davanti a un giudice, invece, la proposta prevede genericamente l’obbligatorietà di un percorso di mediazione familiare da avviare fra l’udienza presidenziale e la prima davanti al giudice, lasciando a chi di dovere l’onere di stabilire il numero di incontri necessario per portare a compimento il percorso di assistenza.

La mediazione familiare ha come obiettivo quello di far capire a un genitore, soprattutto all’uomo, «che la fine di un matrimonio è la fine di un mondo ma non è certo la fine del mondo, e che rimane invece il ruolo di padre, che nessuno toglierà mai. Cerchiamo così di far capire che nella vita si può anche perdere e la sconfitta non è un dramma. Mai parliamo di colpe, bensì di fatiche».

La proposta che Cirimbelli porterà all’attenzione del governo e del parlamento (potrebbe esserci a breve una sua audizione nella commissione femminicidio) prevede anche l’eliminazione del periodo di attesa (sei mesi) fra il momento della separazione e quello del divorzio: «Il divorzio deve essere immediato perché far attendere del tempo significa riaprire una ferita che si stava cicatrizzando».













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