Frattini: «Io e lei quella formidabile campagna del ‘96» 

Il ricordo. L’ex ministro e l’avvocata eletti insieme scalzando la Svp «Portò la sua competenza, con lei gli avversari abbassavano i toni»


Paolo Campostrini


BOLZANO. Franco Frattini e Adriana Pasquali hanno fatto la campagna elettorale insieme. «Più che insieme: quasi mano nella mano... Che giornate». Era il 1996. Frattini era ministro uscente, uno dei più giovani della Repubblica. L'uno per la Camera, Adriana per il Senato. «È stata una corsa, la mattina a Bolzano, il pomeriggio in Bassa Atesina». Ed è andata bene, no? «E certo. Pensi, una delle poche volte che un italiano e un' italiana vincevano contro il voto della Svp». Si capivano. Anche per esperienza professionale oltre che per affinità politica: lui magistrato, lei avvocato. Frattini della destra liberale di estrazione moderata, tra FI e Pdl, Pasquali di una destra più d'animo e di territorio e piena di empatie identitarie, dentro una An ancora molto vicina al vecchio Msi. «Ma sempre di una correttezza esemplare. A tal punto da condizionare anche gli avversari. Mai ne ho sentito uno più che educato con lei anche nelle discussioni più accese» dice oggi l'ex ministro, che non può fare a meno di ripensare agli anni , molto duri in senso politico e parlamentare, delle norme di attuazione altoatesine.

Volavano parole grosse, allora, intorno al Pacchetto...

Ma non da lei. E mai quando c'era lei. Anche con gli altri due avvocati Svp di quella legislatura...

Parla di Brugger e Zeller?

Esatto. Erano dei duri. Soprattutto il secondo. Adriana non aveva mai risparmiato critiche alla politica Svp nei confronti degli italiani, né a Bolzano né a Roma. Eppure, quando si discuteva e c'era di mezzo Adriana, prima veniva l'educazione, poi la politica.

E sì che non si risparmiava con la dialettica...

Mai. Veniva da una storia professionale importante. Era preparata sugli argomenti in discussione nelle commissioni, sui commi e le leggi. Con lei non si scappava.

Una che ci credeva, no?

Ma non in senso ideologico. La sua non era politica di schieramento, ma di cuore. Non ho mai visto nella mia carriera una persona così legata al proprio territorio e agli elettori. Era una italiana tutta d'un pezzo, amava la sua comunità di riferimento. Ne condivideva i timori e la voglia di contare. Anche in campagna elettorale mi diceva, a me che provavo a velocizzare i tour, “aspetta Franco, ascoltiamo questa persona e anche quest'altra...”. Ma a Roma, dopo un po' ho avvertito la sua amarezza. Si trovava, così mi confidava, sempre in situazioni da spalle al muro. In quegli anni i voti della Svp contavano, anche se erano solo due o tre.

In realtà anche adesso...

Ma allora di più. Prodi si reggeva su pochi voti, la Svp faceva sentire il suo peso e dunque le sue richieste trovavano spesso le porte spalancate. E Adriana non si rassegnava. Mi chiamava, insisteva: ma non è giusto, così si prendono tutto, ben oltre il dovuto. Tuttavia, ripeto, quando entrava lei, anche i falchi Svp abbassavano la voce. Magari non le richieste, ma la voce sì.

Era una donna di destra.

Ma di una destra rigorosa, senza proclami o parole urlate. Era cresciuta accanto ad una generazione di persone come Pietro o Andrea Mitolo. Si potevano contestare le idee di persone così, ma non l'etica, i comportamenti umani. Era per questo, per i suoi modi e la sua dirittura che era apprezzata anche degli avversari.

Era una dura?

Beh, sapeva far valere i galloni che aveva conquistato sul campo, sia nella politica che, soprattutto, nella professione. La più giovane iscritta all'albo, la più giovane patrocinante in Corte, ai vertici della categoria. Non è stata facile la sua vita. Sempre un impegno dietro l'altro.

Per una donna non era facile.

Ma lei non parlava mai per generi. Uomo, donna... Contava la testa e gli argomenti.

Qualcuno ne ha parlato come femminista di destra.

Io direi invece che è sempre stata orgogliosa della sua femminilità non femminista. Intendo riguardo ad una persona che si è sempre considerata assolutamente uguale ad un uomo, spesso anche molto meglio, ma non ragionando sulle cose in termini di genere. Non ha mai cercato adesioni di gruppo. Ha sempre camminato in solitaria. Del tipo: io sono Adriana Pasquali, poi donna, avvocato e tutto il resto.

Avete iniziato presto a fare politica insieme.

Già prima delle elezioni politiche. Ricordo la bella esperienza della Lista civica. Era il ’98-’99. Io cercavo adesioni ad un progetto, non ad un partito e le cercavo in una città come Bolzano abituata fino ad allora a schierarsi. Invece si era provato a introdurre una novità: contatti con persone non legate a partiti e mai impegnati in politica. Le professioni, l'economia, la cultura...

E lei?

Era al mio fianco, pur essendo molto legata alla sua cultura politica di fondo. Ma si sentiva soprattutto bolzanina. E i bolzanini lo avvertivano.

Cosa ha portato di nuovo il suo arrivo, in quegli anni?

Quella che oggi abbiamo imparato a chiamare la società civile. Sia io che lei eravamo due professionisti che hanno provato ad imprestarsi alla politica. Era una grande novità allora. Lei non frequentava le segreterie ma i tribunali. Era una “civile”, non una militante. Per questo ricordo ancor più il suo impegno per la sua terra come gratuito e profondo.













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