Giovane e donna, è la piazza anti-razzista: ci riguarda tutte e tutti 

La manifestazione. Ieri quattrocento persone. Quattro ragazze le organizzatrici



Bolzano. Quattro ragazze si sono guardate e hanno detto: «Non siamo abbastanza e non ci sono abbastanza giovani». Era lunedì mattina, in piazza Walther la manifestazione anti razzista #blacklivesmatter per protestare contro la morte di George Floyd. Ieri di nuovo in piazza, circa quattrocento persone e quasi tutti giovani. È merito delle quattro amiche, che in cinque giorni hanno organizzato tutto. Dal gruppo di quattro sono arrivate a una cinquantina di promotori, che grazie al passaparola hanno riempito la piazza. «Lunedì scorso abbiamo deciso proprio qui, vicino alla statua, di organizzare un’altra manifestazione. E non smetteremo», raccontano Laura Djae, Alina Mader e le due diciassettenni Carlotta e Amy. Quale piazza? A uno sguardo, la maggioranza ventenni, le ragazze sicuramente più dei ragazzi, italiani, sudtirolesi e di origine africana. Tanti giovani italiani di seconda generazione insieme ai richiedenti asilo. Qualche famiglia, con madre, padre e i figli con i cartelli, che protestano «I cant’t breathe», le ultime parole di George Floyd. Ci sono operai della Zona, arrivati tanti anni fa dal Senegal, con i figli nati qui. Parlano al microfono e cantano. C’è Papadam Diop, l’organizzatore della manifestazione di lunedì. «Siamo tutti coinvolti» è la sfida, «Non sentitevi la coscienza a posto per essere venuti alla manifestazione». Una ragazza prende il microfono: «Mettetevi nei pazzi di un ragazzo di colore, quando sentite fare battute razziste, magari in famiglia. Sedetevi e parlatene». Perché «stare zitti è complicità». Carlotta insiste: «Se vado a un colloquio di lavoro insieme a un ragazzo arrivato dall’Africa, che ha imparato la lingua e può fare quel lavoro bene come me, prenderanno me».

Hanno disegnato le crocette per terra per rispettare le distanze. È stata una manifestazione tranquilla, ad un certo punto sono stati lanciati slogan contro la Lega («Salvini vaffa...»). Un piccolo gruppo di anarchici con uno striscione contro lo «stato di polizia» è rimasto ai margini della piazza.

I partiti non sono nel loro orizzonte, ma vogliono esserci. «Dicono che i ragazzi sono capaci solo di stare con il telefonino in mano. Eccoci qui», ridono le quattro organizzatrici, «Non è una manifestazione solo per la morte di George Floyd. Siamo stanchi di quello che succede anche a Bolzano, nel Mediterraneo, in Europa. Il razzismo non c’è solo negli Stati Uniti». Ma nessuna uccisione di afroamericano aveva provocato una reazione così forte in Europa. «Quel video ha cambiato tutto», risponde Laura Djae, «Non è solo una pallottola partita “per sbaglio”. C’è un poliziotto che ha tenuto il suo ginocchio sul collo di un uomo per otto minuti, tanto è durato un omicidio». Un ragazzo al microfono lo dice: «Non sono qui perché sono nero. L’odio non riguarda solo il colore della pelle. Vogliamo costruirci un futuro al fianco dei vostri figli». I ragazzi parlano di lavoratori sfruttati: «Insultano gli africani che hanno raccolto la verdura per farci mangiare, quando non avevamo il coraggio di uscire di casa». Razzismo a Bolzano? «Succede spesso che nelle discoteche non facciano entrare ragazzi di colore. “Niente n... qui”.Usano quella parola, non sanno nemmeno quanto pesante sia e non sanno nulla di chi hanno di fronte», raccontano le organizzatrici. Tra i pochi adulti nella marea di ragazzi, qualche esponente dei Verdi e Guido Margheri, presidente dell’Anpi, che festeggia: «Grazie alle giovani donne e uomini che hanno voluto dare la sveglia. Quelli gridati oggi e scritti sui cartelli sono i valori scritti nella Costituzione». FR.G

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