Gries, Muser “declassa” i Carmelitani

L’Abate dei Benedettini non ammette la presenza di un’altra parrocchia sul suo territorio: stop a cresime e comunioni


di Riccardo Valletti


BOLZANO. Le ultime cresime verranno celebrate ad ottobre, per permettere ai ragazzi che avevano iniziato il ciclo di catechismo nella chiesa dei Carmelitani di via Col di Lana, di terminarlo senza strappi. Poi più nulla, e lo stesso vale per le comunioni. Lo ha stabilito il vescovo Ivo Muser, su richiesta dell’Abate dei Benedettini di Gries, Benno Malfér.

Ma questa è solo la fine della storia. La vicenda rimonta a 29 anni fa, quando la chiesa conventuale dei Carmelitani venne “elevata” a Vicaria Locale. Uno status religioso ibrido anche per il diritto canonico, senza una vera e propria definizione di competenze e prerogative. Il problema, allora come oggi, era quello di dare risposta alla crescente comunità di fedeli dell’area di Gries. Il vescovo Gargitter, a quel tempo, non assunse la decisione formale di trasformare la chiesa di via Col di Lana in una vera e propria parrocchia, e lasciò che fosse il tempo ad aggiustare le cose. Dopo molti anni però, e un’attività di fatto paragonabile a quella di una parrocchia, con l’istituzione di corsi di catechismo, celebrazioni eucaristiche e attività di evangelizzazione, nulla era ancora cambiato. Qualche anno fa, vescovo era Karl Golser, i Carmelitani avanzarono l’ipotesi di ricevere la definizione formale.

Il nome, in queste cose, è quasi tutto: essere parrocchia, per il diritto canonico e per quello civile, significa poter ricevere contributi da enti e associazioni, ottenere lo status di persona giuridica e soprattutto un “territorio” di competenza. La leggenda vuole che Golser avesse accolto con favore l’ipotesi dei Carmelitani, e che sulle carte per la trasformazione definitiva della chiesa stesse per arrivare il sigillo, quando il vescovo si ammalò.

E veniamo a oggi. La procedura lasciata a metà, dopo aver preso polvere per qualche anno, è tornata all’ordine del giorno della curia vescovile. Ma non appena l’Aabate Benno Malfér è venuto a conoscenza dell’esistenza del documento, il cielo sopra Muri si è oscurato e le colonne del abbazia hanno scricchiolato di disappunto.

Una nuova parrocchia, per di più di lingua italiana, nel territorio di Gries: impensabile. In un secolo e mezzo (da quando l’abbazia è sotto il controllo dei Benedettini, ma ha resistito sulla piazza attraverso le vicissitudini degli ultimi mille anni), nessuno aveva mai osato tanto. Muri e Gries sono, devono essere, sinonimi, anzi, sono un nome solo, con un trattino in mezzo

E poco conta se quei quattro Carmelitani sono giovani e pieni di iniziativa, hanno saputo creare nel giro di poco una bella comunità di giovani del quartiere che frequentano le attività parrocchiali e hanno riempito la chiesa di vitalità.

L’Abate ha penato molto poco, poi ha semplicemente richiesto al vescovo Muser, qualcuno dice affatto seccato della richiesta, di cestinare la questione. Detto fatto, e c’è di più: onde evitare che tra qualche anno la questione potesse essere riproposta, non è chiaro se per volontà di Muser o di Malfér, ai Carmelitani è stato tolto anche lo status ibrido di Vicaria Locale. Non si sa mai che la comunità si affezioni.

E mentre la penuria di vocazioni costringe i preti di tutta la provincia a fare i salti mortali tra una parrocchia e l’altra, spesso anche distanti tra di loro, ai quattro frati di via Col di Lana non resta altro che una chiesa conventuale, “abilitata” secondo il diritto canonico, a dire messa e battezzare, ma niente cresime e comunioni. E nel frattempo perdere anche il contributo dell’otto per mille destinato ai sacerdoti.

Chi ci guadagna? Nessuno. Non è una questione di soldi: i Benedettini (undici monaci abitano l’abbazia) ne hanno abbastanza da permettersi un esercito di venti persone come collaboratori di servizio, hanno vigneti, meleti, terreni e proprietà immobiliari e un’intera azienda agricola e vitivinicola che include anche un maso di montagna con alcune decine di pezzi di bestiame. Di sicuro non hanno bisogno del contributo dei fedeli.

Non è nemmeno una questione di “concorrenza” sulle anime: nella parrocchia di Gries l’interesse per i fedeli dell gruppo italiano è da tempo immemorabile fuori dalle priorità dei Benedettini, nonostante le rassicurazioni della diocesi. E non è nemmeno una questione di “gelosia” per il successo con i giovani della nuova generazione di Carmelitani, perché hanno potuto lavorare indisturbati per 29 anni senza sfiorare la sensibilità dei monaci di Muri. È una questione di potere, perché l’enclave di Gries non si può toccare, né dividere, né metterlo in discussione.

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