I bambini cinesi a scuola di... cinese

Le lezioni due volte alla settimana per non perdere la madrelingua scritta e parlata. Sono 60 divisi in tre classi


Ìdi Antonella Mattioli


BOLZANO. «Questo è l’alfabeto cinese: i bambini stanno cominciando ad imparare la lingua dei loro genitori e dei loro nonni». Giulia - ma il suo nome vero è Cui Jin Ling troppo difficile da pronunciare e ancora più complicato da scrivere per un italiano - mostra con orgoglio il quaderno a quadretti con l’alfabeto scritto a matita di uno dei suo piccoli alunni.

I corsi di lingua cinese riservati ai figli delle famiglie che abitano a Bolzano, sono partiti un paio di settimane fa: si tengono il martedì e il giovedì - dalle 17.30 alle 19.30 - all’ultimo piano della scuola "Claudia de' Medici" di via San Quirino.

Gli iscritti sono una sessantina, divisi a seconda del livello e dell’età in tre classi; un’iniziativa analoga è stata avviata a Bressanone e vi partecipano una quindicina di bambini; un corso per altre dieci persone è in attesa di partire a Merano, dove si sta cercando la sede.

La creazione della scuola è stata promossa dall’Associazione generale dei commercianti cinesi di Bolzano, che si è costituita all’inizio di dicembre. Ne fanno parte 140 persone che rappresentano un po’ tutte le categorie: commercianti, gestori di bar e ristoranti, estetiste, parrucchieri.

Presidente del sodalizio è Wen Jianhai, 51 anni, ma dagli italiani si fa chiamare semplicemente Angelo: è titolare assieme alla moglie Rosa di un negozio di abbigliamento, scarpe, borse e bigiotteria al civico 21 di via Torino e di un altro in via Resia.

Ma il responsabile dei corsi di cinese è Linyun Chen, padre di due ragazze ormai grandi, che è arrivato a Bolzano 25 anni fa e gestisce un ristorante in via Palermo.

La Provincia ha messo a disposizione gratuitamente i locali della scuola, l’associazione si cura della pulizia alla fine delle lezioni e sostiene i costi dei corsi.

La comunità oggi in Alto Adige è composta da circa duemila persone: siamo ormai alla seconda o alla terza generazione.

«Nelle famiglie - spiega Giulia, una delle insegnanti - si parla cinese, ma spesso e volentieri si tratta di forme dialettali. Inoltre i bambini, nati e cresciuti qui, parlano ma non sanno né scrivere né leggere la lingua dei loro genitori, per questo è importante aver creato questi corsi».

I bambini più piccoli hanno 5-6 anni, i più grandi 16. Per loro, che nella stragrande maggioranza dei casi frequentano le scuole di lingua italiana, le due lezioni settimanali di cinese sono anche l’occasione per trovarsi con bambini che hanno le stesse origini.

«Anche se - dice Angelo - quando chiedi loro cosa sono, rispondono con orgoglio: italiani, ovviamente. Sono nati qui ed è normale che si sentano italiani, ma noi vorremmo che non perdessero le loro radici. Per questo i corsi servono per imparare la lingua, ma anche la storia, la cultura, le tradizioni del nostro Paese».

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