LA STORIA

I “genitori” americani riuniscono a Bolzano i 7“figli” di Intercultura

Alexander arriva dal quebec; Cindy, Lukas e Joshua dalla germania, Alexandra e Ruben sono svizzeri; Federico è l’unico italiano. all’appello manca solo Daniel, danese, che non ha potuto esserci



Bolzano. Alexander arriva dal quebec; Cindy, Lukas e Joshua dalla germania, Alexandra e Ruben sono svizzeri; Federico è l’unico italiano. all’appello manca solo Daniel, danese, che non ha potuto esserci.

Questi sette giovani sono i protagonisti di una storia di natale iniziata con un invito arrivato via mail e firmato da Jeremy Zeltzer e Kevin Dennis. i loro “genitori” americani che li invitavano a trascorrere quattro giorni di vacanza - ripartono oggi - a Castelrotto.

«Ci faceva grande piacere rivederli - spiega Jeremy - e soprattutto dare loro la possibilità di conoscersi. arrivati tutti con l’associazione “intercultura”, hanno vissuto nella nostra casa per circa un anno ma non si erano mai incontrati. per noi sono come dei figli».

Giunti in michigan con un inglese scolastico - in genere con intercultura all’estero si frequenta il quarto anno di scuola media superiore - già dopo qualche mese lo parlavano perfettamente. ma soprattutto sono cresciuti e maturati, avendo avuto la possibilità di conoscere - proprio grazie all’ospitalità di jeremy e kevin - un altro mondo, un’altra cultura. alla fine del progetto, il ritorno a casa, ma i “genitori” americani si sono sempre tenuti in contatto con i loro ragazzi. da lontano li hanno seguiti, mentre cercavano di raggiungere nuovi obiettivi.

Quattro giorni a Castelrotto

Per la vacanza di Natale della famiglia “allargata”, Jeremy e Kevin hanno scelto il “Cavallino d’oro” di Castelrotto. Proprietario dell’albergo è Stefan Urthaler. «Ci siamo conosciuti - racconta Jeremy - negli anni ’90 a New York: Stefan lavorava nell’albergo in cui io ero manager».

È così che Cindy, Alexandra, Joshua, Federico, Ruben, Lukas e Alexander hanno potuto rincontrare la coppia americano e conoscersi. È stata anche l’occasione per ricordare un periodo importante della vita di ciascuno. Il primo assaggio di indipendenza; il passaggio dall’adolescenza alla vita adulta vissuta in un atmosfera familiare che li ha fatti sentire a casa.

Intercultura

Nei giorni scorsi la coppia americana si è messa in contatto con i referenti bolzanini di Intercultura. L’associazione che opera a livello mondiale e dagli anni Sessanta organizza gli scambi: dando la possibilità a tantissimi giovani di vivere un anno all’estero. Ospiti di famiglie che mettono a disposizione la propria casa e il proprio tempo.

È così che ieri a “Ca’ de Bezzi”, si sono ritrovati assieme a Jeremy,Kevin e ai loro sette “figli”, coloro che - proprio grazie ad Intercultura - hanno fatto un anno all’estero o hanno dato ospitalità.

Tra loro Livia Bertagnolli, attuale direttrice dell’Istituto musicale Vivaldi, che cura il coordinamento del Centro bolzanino dell’associazione. Sua figlia, proprio con Intercultura, ha frequentato la quarta superiore in Russia; si è innamorata di quella lingua e di quel mondo; la mamma ha contraccambiato ospitando ragazzi arrivati da altre parti del mondo.

Cornelia Dell’Eva, che si occupa della comunicazione, non ha fatto l’anno all’estero, ma ha ospitato due studenti.

Irene Hovden, norvegese, responsabile dell’ospitalità del Centro bolzanino di Intercultura, abita nel capoluogo altoatesino da 25 anni, perché nel suo anno all’estero - 30 anni fa negli Stati Uniti - ha conosciuto un bolzanino e si è trasferita qui.

Paolo Conci, primario della Medicina di base, parla con entusiasmo dell’anno passato negli Stati Uniti: «È stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Oggi sono tanti i ragazzi che approfittano di questa opportunità; allora - almeno a Bolzano - ero stato tra i primi. A fare da apripista i fratelli Fava. Era l’anno scolastico 1972-1973 e il quarto anno l’ho fatto a New York. Un’esperienza indimenticabile: la famiglia americana ancora oggi, a 50 anni di distanza, è la mia seconda famiglia. Una volta all’anno vado a trovarli; e loro fanno altrettanto. La mia “sorella” americana sarà qui a marzo. I miei figli hanno voluto ripetere l’esperienza: mio figlio è stato un anno in Cina; mia figlia un periodo più breve in Australia».

I fratelli Fava

«Mio fratello Paolo - racconta Antonella Fava, capo della Procura dei minorenni -è stato uno dei primi a Bolzano a volare negli States. Erano gli anni Sessanta e il viaggio era una sorta di avventura, perché si faceva in nave e durava più giorni. Dopo di lui è partito mio fratello, Mauro. Quindi, e all’inizio degli anni ’80, è toccato a me. Con la mia famiglia americana sono sempre in contatto. E fino a quando gli impegni di lavoro e famiglia me lo hanno consentito, ho anche collaborato con Intercultura».

I ragazzi ospitati

All’incontro a “Ca’ de Bezzi” ieri hanno partecipato anche due dei quattro ragazzi che attualmente sono in Alto Adige: Jack Kane, originario dell’Ohio, rimarrà a Bolzano un anno; Chawakon Thongtan (per gli amici Pim) thailandese, è ospite a Merano. È stata accolta da una famiglia di Salorno Helena Aradottir che arriva dall’Islanda; mentre Chelsea Williamson è australiana e resterà a Bolzano un paio di mesi. Nei prossimi giorni arriverà Juan Cruz Giacosa, argentino, che da gennaio a luglio, sarà in una famiglia meranese; Rafael Vaccaro, brasiliano, resterà a Bolzano fino a novembre: è un programma annuale che però funziona secondo i ritmi scolastici brasiliani, dove al momento è estate e la scuola inizia appunto a gennaio.

Il Centro bolzanino di Intercultura ogni anno raccoglie le domande e poi seleziona i ragazzi da mandare all’estero. Attualmente sono 16 distribuiti tra Norvegia, Thailandia, Danimarca, Egitto, due in Cina, 7 negli Stati Uniti, Uruguay, Argentina e Messico.

Rispetto agli inizi, quando l’unica meta prevista dagli scambi di Intercultura era gli Stati Uniti, oggi i ragazzi possono fare il quarto anno di studio in ogni parte del mondo. Per qualcuno l’inserimento è più facile; per altri richiede più tempo, perché bisogna imparare la lingua, abituarsi a nuovi usi e costumi, inserirsi a scuola.

Tutti però, una volta superate le difficoltà iniziali, sono entusiasti. Il problema, semmai per molti di loro, è tornare. Perché, nel frattempo, nel nuovo Paese hanno trovato una nuova famiglia. Il bello del progetto di Intercultura è che l’ospitalità è gratuita: per le famiglie che aderiscono al progetto, il ragazzo o la ragazza che arrivano, sono come dei figli.

E il legame - la storia di Jeremy e Kevin lo conferma - non dura un anno. Ma per il resto della vita.

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