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I ragazzi del Rainerum vincono “Zero Robotics” con un progetto spaziale

Uno studio sui vermi aiuterà l’uomo a vivere a lungo nello spazio. La competizione è stata promossa dal Politecnico di Torino 


di Paolo Tagliente


BOLZANO. I ragazzi del Rainerum lo hanno fatto ancora. Dopo essere arrivati in finale nazionale tra i 50 migliori licei italiani nella competizione Mad for Scienze, presentando un progetto in cui batteri geneticamente modificati vengono coinvolti nel processo di depurazione delle acque reflue, ora un altro team è arrivato ancora più in alto, vincendo a livello internazionale la competizione “Zero Robotics” promossa niente meno che dal Politecnico di Torino.

Un successo di prestigio assoluto che ieri è stato illustrato in occasione dell’Open Day dell’Istituto Salesiano Rainerum, nel corso della quale sono stati presentati l’Istituto Tecnico Tecnologico ad articolazione energia e l’offerta formativa del Liceo delle Scienze Applicate e della Scuola Media. 

Al terzo piano della scuola di piazza Domenicani, ieri, c’erano loro, i vincitori e gli insegnanti che li hanno accompagnati nel percorso che ha portato all’ideazione, alla progettazione e alla realizzazione del prototipo di un piccolo “cubo” ad alta tecnologia grazie al quale studiare il comportamento dei vermi della farina “Tenebrio Molitor” in un ambiente di microgravità con alti livelli di radiazioni. 

Un piccolo cubo (8 centimetri di lato), realizzato in materiale plastico con una stampante 3D, colorato, che contiene tre cassetti, tutti dotati di un transistor e di un sensore di temperatura, dove vengono collocate le larve. In ogni cassetto viene creata una situazione diversa e i dati vengono raccolti da un scheda SD alloggiata nella facciata principale. Dove si trova anche il jack per l’alimentazione.

Per garantirne l’isolamento termico e, quindi, anche l’attendibilità dei dati raccolti, sia il cubo che i cassetti sono stati completamente isolati con un composto a base di canapa, resa ignifuga perché mischiata con della calce viva. Questa piccola e meravigliosa creatura tecnologica è destinata ad essere ospitata in nanosatelliti della famiglia CubeSat orbitanti o all’interno della International Space Station o intorno alla Terra, rilasciati dalla International Space Station o – virtualmente – in orbite planetarie extraterrestri.

Perché tutto questo? Perché mandare delle larve nello spazio in quello che, ad un profano, può sembrare “solo” un cubo riscaldato? Lo scopo è quello di valutare i comportamenti dei vermi a condizioni stressanti dopo l’assunzione di una molecola che riduce l’assorbimento delle radiazioni, consentendo così, in un futuro, di allungare la durata delle esplorazioni spaziali senza compromettere la salute degli astronauti. Il futuro dell’uomo nello spazio, insomma, passa anche dal progetto realizzato dai ragazzi del Rainerum.

A illustrarlo ai tanti ospiti di ieri, con l’entusiasmo tipico dei ragazzi e la preparazione di scienziati veri, c’erano i componenti del gruppo “Rainerum Robotics” tutti studenti del triennio: Luca Bertotto, Samuele Chisté, Gianmaria Grotta, Patrick Florio, Davide Francesco Frena, Federica Palumbo e Alessia Calliari. Con loro il professor Andrea Zeni e il professor Bruno Bertotto, per la parte scientifica, e il professor Julian Sanin, per la parte robotica. «Questo risultato – spiega, comprensibilmente soddisfatto, il direttore scolastico Stefano Monfalcon – mostra che i nostri ragazzi sono a contatto con lo stato dell’arte di un certo filone di ricerca, grazie alla partecipazione a concorsi di eccellenza. “Zero Robotics” viene proposto dal Politecnico di Torino, che ragiona con enti che lavorano nella ricerca spaziale da parecchi anni. Lo scopo è quello di formare i ragazzi a pensare bene il futuro.

Ragazzi che hanno idee sempre “fresche”, una freschezza mentale che consente anche ai docenti di crescere professionalmente»













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