Il custode del Classico lascia Più di 40 anni di ricordi 

Fabio Sambugaro in pensione. «È finita! Lavoro da quando avevo 22 anni. Ricordo il 1977 l’anno dell’occupazione. C ’era chi aveva ammucchiato i libri della biblioteca per bruciarli» 



Bolzano. «Adesso posso dirlo, finalmente è finita!». Fabio Sambugaro, 65 anni a Ferragosto, affida ad un post su Fb l’ addio al Carducci. Una vita da custode, la sua, dentro i muri del caro vecchio Liceo di via Manci - solo Classico una volta con uno sparuto drappello di ragazzi - poi abbattuto per far spazio al nuovo edificio che oggi ne ospita più di 600 ed è anche Linguistico. «Avevo 22 anni la prima volta che ci ho messo piede ed ho visto passare nove presidi. Me li ricordo ancora. La Scopa, Roberto Augustoli... ero sempre nel suo ufficio mi considerava un nipotino, il professor Nolet, Tripodi, Mastrolia, Mariani, Siviero, Pedevilla, Crepaldi. Un lavoro, il mio, lungo più di 40 anni che non avevo scelto. Mi ero appena diplomato congegnatore meccanico, dovevo entrare alle Acciaierie ma mia madre, che era già custode della scuola, mi ha detto che se volevo potevo entrare come bidello. Ho fatto un giro alla pausa, ho visto le ragazze ed ho detto sì... molto meglio delle Acciaierie. L’11 gennaio 1973 ho iniziato». In decenni migliaia di volti, studenti e professori indimenticati che non sono scivolati via.

«Moggio, mi regalava i francobolli che sua moglie gli spediva da tutto il mondo e che finivano nella mia raccolta. De Tomas era temutissimo dagli studenti. Lazzerini andava sempre in biblioteca. Un giorno gli ho detto che non poteva entrare perchè avevamo passato il decerante ma lui l’ha fatto di nascosto da una porta secondaria, è scivolato e si è rotto un braccio. Ricordo Guarneri che prima di entrare in classe faceva uno strano giro largo nell’atrio. Mauro, quando è morto Moggio suo grande amico, mi ha portato un libro con una sua dedica per me. E poi Don Rauzi che sono riuscito a far giocare a calcio nella squadra della scuola con Paolucci e Bianchin. E ricordo ancora un Carnevale con i docenti, gente tutta d’un pezzo, arrivata in maschera».

E poi i miei colleghi che non ci sono più. «Faustinelli, D’Urso, Walter Boscarol, quante ore accanto a loro».

Tra gli episodi memorabili del Carducci l’occupazione dell’11 marzo 1977. «Ad un certo punto la questione aveva preso una brutta piega per certe teste calde arrivate da fuori provincia. Avevo visto ammucchiare i libri della biblioteca per fare un falò. L’ho detto a Nolet che ha avvisato la polizia. Durante la notte sono entrati ed hanno sgomberato la scuola».

E i ragazzi? «Quando ho iniziato ero giovane anch’io e dentro il Liceo ho trovato amici, anche cari, alcuni lo sono ancor’ oggi. Con le nuove generazioni è subentrata una sorta di inspiegabile mutazione, tanti sono arroganti, difficili da gestire. In più di 40 anni ho visto passare padri, madri e figli. E adesso sono felice di lasciare con un corale ed affettuoso abbraccio». V.F.













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