Il mondo della montagna saluta il suo presidente

Centinaia di soccorritori da tutto l’Alto Adige al funerale ad Aslago Don Hurton: «Di lui ricorderemo il sorriso, soprattutto nelle difficoltà»



BOLZANO. «Se guardo da questa parte, è tutto rosso. Anche da quest’altra parte: tutto rosso». È l’ultraottuagenario don Josef Hurton a parlare: dall’altare guarda la sterminata folla accorsa alla chiesa di San Paolo di Aslago per dire addio a Lorenzo Zampatti, l’anima del soccorso alpino. C’è tutto il mondo altoatesino della montagna: guide alpine, istruttori di alpinismo e accademici del Cai, Aiut Alpin, protezione civile, Croce rossa, prefettura, finanza, polizia, carabinieri, aviazione dell’esercito, alpini, vigili del fuoco, Catores, Bergrettungsdienst dell’Alpenverein, ma soprattutto ci sono loro, gli uomini di Zampatti, con le loro divise del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico del Club alpino. Una marea di giacche rosse.

La commozione è forte, palpabile, concreta. Si fa spazio fra le lacrime dei presenti. Lacrime che per ritegno stentano a farsi breccia fra i visi induriti da decenni di montagne e soccorsi. Ma ci sono, le lacrime, si vedono spuntare, specie quando il coro canta il Signore delle cime.

«Voi volontari - attacca don Hurton - lo sapete bene: per far parte e ancor più per dirigere una simile organizzazione ci vuole un grande spirito di sacrificio, io direi una vocazione. Lorenzo era un maestro in questo senso. Sono stato nel soccorso alpino per 40 anni e ricordo Zampatti soprattutto alla scuola per cani da valanga. Era spesso presente. Anche quando c’era vento, anche quando c’era pioggia, anche quando c’era neve. A tremila metri. Lui stava là con noi, ed era felice, perché sapeva che quegli uomini e quelle bestie e tutto ciò che era connesso funzionava. Facevano tutti del loro meglio per esser pronti in caso di necessità». Zampatti, soprattutto, aveva un dono che Hurton definisce interessante: «Sorridere, sempre, anche durante le difficoltà». E poi «non ha mai rimproverato nessuno». E poi ancora «amava molto gli amici, che fossero cinque o dieci o di più, Lorenzo fra loro sorrideva. Stare con lui era straordinario: emanava un qualcosa di particolare».

Sul sorriso di Zampatti e sul suo potere contagioso e sulla sua capacità di creare un clima di collaborazione e solidarietà amicale sono ritornati poi amici e parenti che, al termine della cerimonia, dal podio hanno tenuto a ricordare lo scomparso. Stima, affetto, amicizia, le parole più utilizzate. E poi, soprattutto, gratitudine e riconoscenza per tutto ciò che Lorenzo ha fatto per il nostro territorio.

Zampatti, si è ricordato, ha dato al soccorso alpino il suo impegno totale, assoluto. Senza risparmio di tempo e di energie. Ore e ore, giornate intere. Sottraendo il tempo alla famiglia, dovendo recuperare il tempo perso sul lavoro nelle giornate festive. Ma non solo l’impegno, ha contato, pure la sua capacità di dirigere, organizzare, come pure la sua volontà ferrea, la sua determinazione.

Il momento di maggiore commozione, il ricordo della moglie Paola: «Non avrei mai immaginato che poteste venire in così tanti per salutare Lorenzo. Vi ringrazio per aver ricordato tutto ciò che ha fatto e soprattutto per aver ricordato come lo ha fatto». Con generosità ed estremo altruismo.

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