Il mullah Krekar è già in carcere 

Subito attivato il Ministero. Per tutti gli imputati condannati in primo grado dalla Corte d’assise di Bolzano è stata chiesta l’estradizione Due cittadini norvegesi per ora sono rimasti a piede libero. Tre catture sono avvenute in Inghilterra (ma uno era già in cella per un’altra condanna)


Mario Bertoldi


Bolzano. Quattro dei sei presunti terroristi islamisti condannati l’altro pomeriggio dalla Corte d’assise di Bolzano sono già in carcere. Il mandato di arresto europeo emesso dalla Corte su richiesta della Procura distrettuale è stato eseguito in tempi molto stretti, sulla base di un coordinamento internazionale a livello giudiziario e di forze di polizia che ha inteso evitare il benchè minimo rischio che gli aderenti al gruppo, considerati pericolosi e pronti a passare all’azione, potessero in qualche maniera organizzarsi e tentare di rendersi irreperibili. La macchina messa in piedi a Bolzano ha retto alla perfezione. Basti pensare che poche ore dopo la sentenza, cioè già nella serata di lunedì, il mullah Krekar è stato prelevato dalla polizia norvegese dalla sua abitazione ad Oslo e trasferito in carcere per effetto proprio del mandato di arresto europeo emesso dalla Corte di Bolzano (che la Norvegia non riconosce per i propri cittadini). Gli agenti della polizia norvegese, che probabilmente lo tenevano d’occhio da giorni, lo hanno bloccato in casa mentre inviava messaggi via internet ad altri centri del radicalismo islamista, contestando la sentenza che lo ha condannato a 12 anni di reclusione. L’arresto provvisorio (previsto per l’estradizione) è stato chiesto e ottenuto rapidamente per il mullah Krekar (che pur vivendo da diversi anni ad Oslo non è cittadino norvegese) e per altri tre collaboratori strettissimi del capo della cellula terroristica, domiciliati in Inghilterra ma cittadini iracheni. Tra il resto uno dei tre (Awat Wahab Hamasalih) è stato raggiunto in carcere a Londra dal nuovo provvedimento restrittivo in quanto sta già scontando una precedente condanna (emessa in Inghilterra) sempre per attività terroristica. Si tratta di uno dei due vice capi del mullah Krekar condannato dai giudici di Bolzano a nove anni di reclusione. Sempre in Inghilterra sono stati arrestati su richiesta italiana anche altri due collaboratori strettissimi del sodalizio islamista e cioè Zana Abdul Rahman Rahim e Bakr Hamad alias Rebwar. Entrambi sono stati condannati a sette anni e mezzo di reclusione a testa. Restano per il momento in stato di libertà in Norvegia (in quanto cittadini norvegesi) il presunto vice capo Twana Karim Rahim alias Makwan e Kamil Jalal Fatah. Per entrambi il Ministero italiano ha chiesto l’estradizione ma non l’arresto provvisorio. Come già accennato l’iter che ha permesso di attivare le autorità norvegesi ed inglesi per gli arresti ha visto coinvolto il Ministero di Grazia e Giustizia attivato dalla Procura generale presso la Corte d’appello di Bolzano. A sentenza emessa dalla Corte d’assise (a cui ha assistito in incognito anche un agente dei servizi di sicurezza inglesi che ha subito avvisato Scotland Yard) non è stato perso neppure un minuto per arrivare ad arresti rapidi. Il presidente della Corte d’assise Carlo Busato ha inviato una comunicazione al procuratore generale Markus Mayr e quest’ultimo ha subito inoltrato richiesta di intervento al Ministero di Grazie e Giustizia. Anche a Roma l’apparato era pronto a girare l’istanza di estradizione alle autorità norvegesi e inglesi con contestuale richiesta di arresto provvisorio immediato (ad eccezione dei due cittadini norvegesi coinvolti). Le autorità italiane hanno comunque chiesto l’estradizione e la consegna di tutti i presunti terroristi condannati. L’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare da parte della Corte d’assise di Bolzano si è resa necessaria propria a seguito di quanto emerso nel corso del processo sul livello di organizzazione e dei contatti con cellule terroristiche individuate in diversi Paesi anche europei. Il livello segreto dell’organizzazione nel contesto dell’integralismo islamista militante - ha ricordato in requisitoria il pubblico ministero Pasquale Profiti - è il frutto dell’acquisita capacità d’elusione dei meccanismi normativi europei ed internazionali per attestare e veicolare il “radicalismo quadeista”.

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