Il questore di Bolzano: "Giovani violentiFenomeno in crescita e preoccupante"

"Il numero di risse e aggressioni tra i ragazzi è in aumento". A lanciare l’allarme è lo stesso questore Dario Rotondi, che giorno dopo giorno si deve confrontare con verbali e rapporti che vedono sempre più spesso minori o giovanissimi al centro dell’intervento. L'ultimo caso, la rissa in via Goethe, con tre giovani denunciati per averne sfregiato un altro



BOLZANO. «Purtroppo devo ammettere che il disagio giovanile si fa sempre più sentire ed è preoccupante. Il numero di risse e aggressioni tra i ragazzi è in aumento». A lanciare l’allarme è lo stesso questore Dario Rotondi, che giorno dopo giorno si deve confrontare con verbali e rapporti che vedono sempre più spesso minori o giovanissimi al centro dell’intervento.
L’ultima rissa in centro storico ha visto un giovane ricoverato in ospedale con un taglio profondo al volto...
«Il disagio dei giovani suscita qualche preoccupazione. Se da una parte questa è una provincia ricca e fortunata, dove il numero dei reati è tutto sommato nella media, dall’altra devo confermare che sale la percentuale di giovani coinvolti in risse, ma anche lesioni personali, danneggiamenti, ubriachezza».
Cosa si può fare per marginalizzare il problema?
«Bisogna prendere provvedimenti pensati e calibrati. La società deve capire che il fenomeno non può essere fermato solamente dalla polizia. Gli agenti sono l’ultimo anello della catena. I numeri parlano chiaro: i ragazzi vivono un disagio che deve essere affrontato dall’intera società. Se le aggressioni e le risse fossero un problema delle forze di polizia, allora saremmo noi a dover intervenire e risolvere la questione. Ma la realtà è che si tratta di un problema sociale e familiare».
Negli ultimi mesi lei stesso ha provveduto ad aumentare gli incontri tra polizia e giovani a scuola. Vi siete confrontati anche con alcuni genitori?
«Dato che il fenomeno sta aumentando ho fatto potenziare l’ufficio minori. Bisogna iniziare a pensare a trecentosessanta gradi. I genitori e la scuola devono fare la propria parte. Noi invece stiamo affrontando il problema in modo diverso. Qualche settimana fa è stato fermato un gruppo di minori in centro storico. Uno dei ragazzi era particolarmente agitato, mentre gli altri appena hanno visto la Volante hanno reagito con tranquillità. Ma invece di avvisare solo i genitori del giovane che si rifiutava di dare il proprio nome e cognome agli agenti, abbiamo chiamato anche i genitori degli altri».
Perché avete avvisato anche tutti gli altri?
«Per mostrare loro dove si trovavano i loro figli e con chi girano. Ed infatti molti genitori non sapevano nemmeno che i loro figli adolescenti giravano per le strade della città nel cuore della notte. Alcuni di loro ci hanno detto: ci ha raccontato che andava a dormire da un amico, pensavamo fosse già a letto. L’idea è quella di far capire ai ragazzi di stare attenti. Divertirsi non è vietato. Ma bisogna anche sapersi controllare. Noi tutti siamo stati giovani e le ragazzate si fanno. Ma se si arriva al punto che deve intervenire la polizia, allora significa che è stato superato il limite».
Più prevenzione dunque?
«Assolutamente sì. I genitori devono imparare a dialogare con i propri figli. I reati sono sempre esistiti. Una certa percentuale è fisiologica. Cerchiamo però di non far diventare le aggressioni e le risse un problema patologico della nostra società. Perché tornare indietro è difficile. Noi facciamo il possibile per trovare il dialogo con i ragazzi, ma c’è bisogno dell’intervento della famiglia».

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